Qualcuno ricorderà, soprattutto chi mi conosce da tanto tempo, che qualunque cosa io faccia, indipendentemente dal grado oggettivo di difficoltà, si trasforma in un dispensatore di tribolazioni e patemi d’animo. Una volta, parlando di quanto io fossi brillante, accennai alla “teoria della retta” e a quanto questa fosse inappropriata se riferita ai percorsi da me intrapresi. Non basterà dire: “spostarsi con moto rettilineo e uniforme dal punto A al punto B”. Nel mio caso, infatti, ci sarà una buona dose di varie ed eventuali che, questo va detto, rappresenterà quel tocco di brio che fa sì che io non possa mai dimenticare nulla della mia brillante esistenza.
Io, Varie ed Eventuali, in realtà, siamo ormai diventati amici intimi. Non c’è ricorrenza alla quale non le inviti e spesso, non amando le formalità, non mancano di farsi vive anche se per puro caso io abbia dimenticato di invitarle. Un po’ come la fata cattiva della fiaba della Belladdormentatanelbosco.
Nell’ultimo periodo, proprio perché la nostra amicizia ormai ufficializzata, direi che siamo stati più unite del solito. Io, Varie ed Eventuali assieme appassionatamente a togliere all’ospedale un mostro spuntatomi sull’orecchio a metà tra un porretto, un piercing ricoperto di panna, e la versione panormita del Pão de Açucar di Rio de Janeiro. Io (nella versione star trek), Varie ed Eventuali, ritornate assieme all’ospedale per Ritogliere quello che sembrava intenzionato a far parte della nostra comitiva in pianta stabile: Cisto. Due punti più tre punti fanno cinque punti, 400 km (andata e ritorno da Trapani per due), cinque metri di cerotto per la medicazione, una ipocritissima amichevole conversazione sull’importanza di un crocifisso sulla parete di una classe e, dulcis in fundo, una serissima spiegazione da parte del medico di turno sull’importanza di partecipare almeno una volta nella vita a un corso di foulard tenuto al negozio Hermes di Palermo.
Avete capito benissimo. Un corso di foulard. Quando, nell’attesa di sottopormi alla prevista exeresi, la sentii parlare al telefono di corsi di “fular” ebbi qualche attimo di esitazione.
I miei neuroncini cominciarono a muoversi velocemente all’interno del mio ufficio protocolli cerebrale. Sentivo i cassetti scorrevoli dei miei micro archivi sbattere velocemente, pagine e pagine di fascicoli scorrere come sospinti dal vento di scirocco e loro, i miei amici del cuore, sudare sotto il peso della responsabilità di offrirmi la risposta giusta al momento giusto. “Fular”… “Fular”… “Corso di Fular” … La mia mente vagava tra dizionari di spagnolo, italiano, inglese … ricordi … lezioni all’università. Niente. Il vuoto. Tabula rasa. “Fular”… “Fular – Hermes – Palermo”.
All’improvviso una visione! Una cinquantina di donne istericamente acide, con i capelli ben in piega e le unghia ben curate scendevano da un pullman all’altezza della via Libertà per andare ad assistere a un CORSO DI FOULARD al negozio dell’angolo dove un omino da un inquietante accento francese ed elegantemente vestito, le attendeva dietro una scrivania con un FOULARD tra le mani!!!!
“Ma dite vero?”, avrei voluto gridare in faccia a quella deficiente che avrebbe dovuto eseguire quella cazzo di exeresi sul mio orecchio mentre, serissima, stava organizzando una delle riunioni più inutili e ridicole che un gruppo sociale, purtroppo costituito da donne, avesse mai organizzato nella storia dell’umanità.
Amica bella? Amica delle serate di beneficenza? Ma te l’hanno detto che il mondo sta morendo sotto il peso della Recessione, della gente che uccide ancora per il colore della pelle, per l’orientamento religioso, per l’orientamento sessuale, perché uno semplicemente gli sta sulle ginocchia? Quell’orsetto lavatore color mogano accovacciato sulla tua testolina emanatrice di eco te l’ha comunicato che siamo messi un po’ malino? Oppure pensi che quelle paroline che rimbalzano nella tua testolina siano solo quei furbacchioni dei tuoi due neuroncini che giocano a squash?
Ma ci tieni così tanto a imparare a mettere il foulard ? A che ci siamo, ti hanno mai parlato della posizione del cappio? Ma poi, dico io, ma devo credere che esista il manuale del perfetto mettitore di foulard? Cioè, a quello che vi deve fare la dimostrazione hanno fatto seguire un corso di formazione sul kamasutra del fulàr?
“Un fulàr, mille soluzioni.” Sottotitolo: “sorprendere un’amica e molto più …”
Mai più dolce fu la sensazione dell’anestetico che m’intorpidiva l’orecchio e l’animo dinnanzi a cotanta aridità.
Al mio amico Cisto un caloroso abbraccio. Magari dove si trova adesso la gente accende il cuore e il cervello prima di parlare.
Io, Varie ed Eventuali, in realtà, siamo ormai diventati amici intimi. Non c’è ricorrenza alla quale non le inviti e spesso, non amando le formalità, non mancano di farsi vive anche se per puro caso io abbia dimenticato di invitarle. Un po’ come la fata cattiva della fiaba della Belladdormentatanelbosco.
Nell’ultimo periodo, proprio perché la nostra amicizia ormai ufficializzata, direi che siamo stati più unite del solito. Io, Varie ed Eventuali assieme appassionatamente a togliere all’ospedale un mostro spuntatomi sull’orecchio a metà tra un porretto, un piercing ricoperto di panna, e la versione panormita del Pão de Açucar di Rio de Janeiro. Io (nella versione star trek), Varie ed Eventuali, ritornate assieme all’ospedale per Ritogliere quello che sembrava intenzionato a far parte della nostra comitiva in pianta stabile: Cisto. Due punti più tre punti fanno cinque punti, 400 km (andata e ritorno da Trapani per due), cinque metri di cerotto per la medicazione, una ipocritissima amichevole conversazione sull’importanza di un crocifisso sulla parete di una classe e, dulcis in fundo, una serissima spiegazione da parte del medico di turno sull’importanza di partecipare almeno una volta nella vita a un corso di foulard tenuto al negozio Hermes di Palermo.
Avete capito benissimo. Un corso di foulard. Quando, nell’attesa di sottopormi alla prevista exeresi, la sentii parlare al telefono di corsi di “fular” ebbi qualche attimo di esitazione.
I miei neuroncini cominciarono a muoversi velocemente all’interno del mio ufficio protocolli cerebrale. Sentivo i cassetti scorrevoli dei miei micro archivi sbattere velocemente, pagine e pagine di fascicoli scorrere come sospinti dal vento di scirocco e loro, i miei amici del cuore, sudare sotto il peso della responsabilità di offrirmi la risposta giusta al momento giusto. “Fular”… “Fular”… “Corso di Fular” … La mia mente vagava tra dizionari di spagnolo, italiano, inglese … ricordi … lezioni all’università. Niente. Il vuoto. Tabula rasa. “Fular”… “Fular – Hermes – Palermo”.
All’improvviso una visione! Una cinquantina di donne istericamente acide, con i capelli ben in piega e le unghia ben curate scendevano da un pullman all’altezza della via Libertà per andare ad assistere a un CORSO DI FOULARD al negozio dell’angolo dove un omino da un inquietante accento francese ed elegantemente vestito, le attendeva dietro una scrivania con un FOULARD tra le mani!!!!
“Ma dite vero?”, avrei voluto gridare in faccia a quella deficiente che avrebbe dovuto eseguire quella cazzo di exeresi sul mio orecchio mentre, serissima, stava organizzando una delle riunioni più inutili e ridicole che un gruppo sociale, purtroppo costituito da donne, avesse mai organizzato nella storia dell’umanità.
Amica bella? Amica delle serate di beneficenza? Ma te l’hanno detto che il mondo sta morendo sotto il peso della Recessione, della gente che uccide ancora per il colore della pelle, per l’orientamento religioso, per l’orientamento sessuale, perché uno semplicemente gli sta sulle ginocchia? Quell’orsetto lavatore color mogano accovacciato sulla tua testolina emanatrice di eco te l’ha comunicato che siamo messi un po’ malino? Oppure pensi che quelle paroline che rimbalzano nella tua testolina siano solo quei furbacchioni dei tuoi due neuroncini che giocano a squash?
Ma ci tieni così tanto a imparare a mettere il foulard ? A che ci siamo, ti hanno mai parlato della posizione del cappio? Ma poi, dico io, ma devo credere che esista il manuale del perfetto mettitore di foulard? Cioè, a quello che vi deve fare la dimostrazione hanno fatto seguire un corso di formazione sul kamasutra del fulàr?
“Un fulàr, mille soluzioni.” Sottotitolo: “sorprendere un’amica e molto più …”
Mai più dolce fu la sensazione dell’anestetico che m’intorpidiva l’orecchio e l’animo dinnanzi a cotanta aridità.
Al mio amico Cisto un caloroso abbraccio. Magari dove si trova adesso la gente accende il cuore e il cervello prima di parlare.
2 commenti:
dai signora! andiamoci insieme dopo una seduta dal parrucchiere con manicure inclusa e vediamo se ci fanno entrare...
ABORRO quel genere di negozio!
Cara coLori, ci vengo solo se mi prometti che i capelli ce li facciamo cotonare. Sarebbe bellissimo indossare dei "fulàrs" tipo, non so se hai presente i teli degli alberghi, un cigno attorcigliato attorno al collo e una scimmietta che pende sulla schiena!
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