"Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro pensiero."
(Giacomo Leopardi)



"In pratica le persone che mi vogliono bene spesso non si accorgono infatti che il loro "ti appoggio" si trasforma in un "mi appoggio"
(Miranda Taten)



mercoledì 10 marzo 2010

Le Allegre Comari

Questa é una storia che in segreto serbó
una strega di cui non vi diró,
ma che raccontar ora voglio
in onor di quel sogno
che un giorno in Villaggio
del misfatto mi informó.
Incantesimi e segreti furono ben celati
a quel tempo in cui tacquero gli stessi prelati.
“Giustizia sia fatta” la folla gridava
che di averle giá mandate all´inferno sperava.
Condannate le Comari furono a quel rogo,
ma nessuno degli astanti fece conto
di quel ghigno furibondo
che aveano ben stampato in volto...
Le tre gioivano del fuoco
come di un gran bel gioco.
Il resto lo scriveró
cosí come la cara strega
a me lo raccontó...


Questa é una storia di milioni di anni fa, che avvenne in un tempo lontano, quando al Villaggio tre Allegre Comari vivevano. Loro cucinavano per tutta la gente, ed il loro aspetto suscitava grande rispetto. Mai nessuno poté mettere piede nella loro cucina, noto era solo che tutti potessero deliziare di succulenti piatti grazie ai quali le ore del riposo erano scandite da dolci sogni d´oro. Impossibile sapere gli ingredienti, ancora meno intuire quel che davvero si celava dietro quei bei visi. Erano davvero incantevoli, ed ognuna caratterizzata da una particolare sensualitá: solo tre donne offrivano cosí una certa varietá, che sembrava essere indistricabile...Nessuno avrebbe saputo scegliere: sembravano insieme, un solo essere raro.
Grandi risate provenivano dalla cucina, e tale gioia era davvero contagiosa. Per molti anni la pace e l´armonia regnarono nel Villaggio, e l´insorgere di problemi sembrava essere impossibile. Pietanze deliziose, allegria, conforto e giustizia offrivano le tre donne senza chiedere mai nulla in cambio. Niente ahimé é per sempre...
Una vecchina attenta non si fidó mai delle tre, e cosí le spió a lungo senza esporsi ad inutili pericoli. Indagando scoprí che le Allegre Comari riuscivano nella miracolosa impresa solo con l´inganno. Fingendo infatti di rispettare i diritti di tutti e portando avanti principi quali la lealtá e la giustizia, nessuno si accorse che in realtá attraverso incantesimi e strani rituali, facevan sí che la Veritá venisse dimenticata... Sembrava dissolversi tra i profumi delle prelibate pietanze e tra le note di magnifiche melodie tribali. Tutti confortati dall´idea di non essere colpevoli, gli abitanti erano giá cosí soddisfatti, e agitando gli arti come ossessi si scrollavano di dosso responsabilitá e preoccupazioni a piú non posso...
L´attenta vecchina notó l´inganno e con l´imbroglio riuscí nel suo intento...Le tre non prestavano molta attenzione a quel che in giro si diceva, giacché se pure un´infamia qualcuno avesse proferito, loro prontamente l`avrebbero polverizzata con un rito. Sottovalutarono quella dolce vecchina che un giorno chiedendo conforto da loro si recó...Con il cuore a pezzi la poverina diceva del suo dolore, mentre le tre giá indaffarate in una pozione, la facevano sedere su un grosso seggiolone. La vecchina furbamente si addormentó e cosí nella proibita cucina restó. Le Allegre Comari pensarono di andar a dormire che tanto l´ innocua vecchina male neppure ad una mosca avrebbe potuto fare. Ma non appena furono lontane con un balzo lei il seggiolone lasció e in dispensa si recó. All´inizio non riuscii a credere ai suoi occhi: la Veritá non spariva nel nulla!! Milioni di barattoli e bottiglie riempivano gli scaffali, e milioni erano anche le etichette: “ Le bugie dei veri infami”, “La vera storia del signor M.”, “Il dolore per il figlio scomparso della signora J.”, “L´odio per la moglie del signor T.”, “La bontá dell´uomo ragno”, “La perversione rubata a un farabutto di passaggio” e via di seguito. Tutto era raccapricciante molto piú di quanto l´attenta vecchina si era immaginata, e quasi credette di svenire quando in una delle etichette lesse la scritta ““Il vero assassino della mamma di Bambi”...Incredibile di cosa le tre fossero capaci!!
Ripresasi prontamente da quanto appena scoperto, la vecchina capí il senso di tutto ció: le Allegre Comari rubavano i sentimenti della gente per usarli e combinarli a loro estremo piacimento...Ecco scoperto come facevano a sostenere tutto e il suo contrario al tempo stesso...
Cosa si poteva fare per dare loro una lezione? La vecchina decise di rimettersi subito sul gigante seggiolone e far finta di dormire, che intanto le tre sarebbero anche tornate. Avrebbe nel frattempo deciso il da farsi...
Dopo tante ore di meditazione le fu tutto chiaro: le tre Comari rubavano i sentimenti agli altri perché in realtá ne erano prive, ma siccome i loro animi non erano buoni, mischiavano tutto con malignitá...Dunque bastava far sparire tutti i barattoli e le bottiglie della Veritá, anzi meglio ancora, romperli tutti e lasciargli liberare il loro contenuto per sempre. Quella sera stessa, dicendo che le sue povere ossa non le avrebbero mai permesso di sollevarsi e addirittura scendere dal seggiolone, riuscí a restare in cucina di nuovo. Le tre andarono via, e non appena divenne impossibile sentire i loro passi allontanarsi, la vecchina di nuovo con un balzo saltó dal seggiolone e si precipitó nella dispensa: inizió a lanciare le milioni di bottiglie e di barattoli fuori nel cortile, le quali cosí facendo si ruppero anche molto facilmente...
Tutti si destarono allora in un risveglio doloroso, mentre le tre streghe si contorcevano con un urlo contagioso.
Fu cosí che al´improvviso la Veritá poté regnare e si poté le tre Comari giustiziare...ma la loro anima era da tempo venduta e non bastó arderle vive per eliminare il loro male. Cosí le fiamme recavano loro solo un nuovo dono, certe che la loro arte avanti nei secoli sarebbe andata, perché dalle genti fortemente amata...Questa fu la vera storia delle tre Allegre Comari le cui anime dannate non bisogna dimenticare per poterle sempre con coraggio affrontare.

martedì 9 marzo 2010

-56


Avevo promesso un gran bel “diario di bordo” nell’attesa del grande espatrio e invece dei meno 56, momento in cui ha avuto ufficialmente inizio il count down, non ho avuto un momento per respirare, mi sono ritrovata con appena otto giorni a disposizione nei quali, per altro, ho un miliardo e mezzo di cose da fare.
Se dovessi riassumere in poche parole le giornate appena trascorse userei senza dubbio le seguenti: “stand-by di rincoglionimento acuito da un incontrollabile aumento dei decibel con manifesti segni di squilibrio e altalenanti stati dell’umore”. In una sola parola: DELIRIO!!!!
Se mi si chiedesse inoltre di descrivere i giorni trascorsi facendo riferimento agli oggetti che più ne hanno fatto parte, mi verrebbe subito in mente una divisione in tappe con un'unica costante: le valigie.
La prima fase la chiamerò : GORMITI.
I gormiti, dell’aria, della terra, dell’acqua e del vulcano, mi hanno tenuto compagnia per gran parte dei giorni trascorsi. Tutti, o quasi, attorno a me, sembravano essere assillati dalla presenza di questi piccoli e fantasiosi pupazzetti dai nomi improbabili. In primis il piccolo uomo di casa che, eccezion fatta per un brevissimo revival carnevalesco in terra dei Power Rangers, svegliandosi ogni mattina mi augurava il buongiorno con un pesantissimo: “Vuulcaaaannnnuuuuuus, io ti sconfiggerò con le mie “bucazioni” perforanti congelanti che con il fuoco non si spengono perché sanno volare e ti tirano palle di acqua infuocata (non chiedetemi né chiedetevi come sia possibile)”. A seguire, la piccola principessa selvaggia che con i suoi passetti ancor troppo incerti, mi seguiva con dei ruggiti il cui volume era direttamente proporzionale alla quantità di pupazzetti sotto mano.
Fin qui non ci sarebbe nulla di strano se non fosse che anche qualche adulto ha cominciato a soffrire di sdoppiamento della personalità scoprendo il gormita che viveva in lui dal nome ancor più improbabile. E così ho scoperto che nell’albero genealogico abbiamo pure un “Gormita piritus” e un “gormita solleticus”. Mancava all’appello un “gormita cacculus e uno pus” per vomitare fino al landing in terra canadese. Inutile dire quanto sia stato arduo il compito di non disperdere in terra di Gorm quattro anni spesi a cercare di far diventare un bambino un esserino civile e poco volgare.
Nella fase “Gormiti” c’è stata sempre la valigia. Abbiamo cambiato ben tre case, preso un’unica volta il pullman per spostarci da una città all’altra (esperienza che non ho più voluto ripetere dopo aver costretto 40 passeggeri a sentire 100 volte che “I soooogniii son desiiiideeeeriiii, di feeeeliiiicitàààà…” nel vano tentativo che la piccola gormita-cenerentola prendesse sonno), adempito a tanti doveri in previsione dell’imminente partenza e fatto e disfatto le valigie una ventina di volte.
Le giornate sono trascorse in questo modo e così mentre le cartelle dei documenti si riempivano di fogli raccolti a destra e a manca, i miei telefoni squillavano quasi sempre inutilmente nella speranza che io rispondessi, la mia gola e le mie orecchie andavano in tilt nel ripetere dalle 100 alle 200 volte le frasi: “Bambini calmatevi. Scendete dalla poltrona. Scendete dal tavolo. Non litigate. Gioco di mani, gioco di villani. Baaaasta. Baaaaaastaaaa. Baaaaaaaaaaastaaaaaaa!”
A un certo punto, non saprei indicarne l’esatto momento cronologico, al gormita piritus si è sostituita una cosa che agli occhi ingenui di una mamma impegnata a organizzare l’espatrio del secolo poteva sembrare una semplice pallina. Una cosa a metà tra una pallina da ping pong ( che si potrà pure chiamare tennis da tavolo ma sempre ping pong è!) e una volgarissima biglia.
Sembrava una pallina. Quella piccola sfera in realtà nascondeva come solo un’ostrica saprebbe fare una perla di universo. Un universo fatto di nomi ancor più strani, di quelli che non si possono ricordare, tipo: brick gate che per un gioco di assonanze ti ricorda il più famoso Bill ma che, ahimé!, non ti fa guadagnare neanche un centesimo.
Per chi non avesse avuto il piacere di conoscerli, qui si parla di BAKUGAN!!!! Da qui il nome della seconda fase.
Le differenze tra la prima e la seconda non sarebbero poi così tante se non fosse che queste cazzo di palline, oltre a piccoli mostri, celano al loro interno ancor più piccoli magnetini in grado di far rimbecillire anche il più paziente dei genitori. Alle urla prima descritte, dunque, si sono aggiunte frasi del tipo: “Non trovo più il mio bakugan!!!”, “Cercalo!”, “ma non lo trovo! E’ caduto sotto il frigo e non lo trovo più” E allora, ecco sei adulti impazziti con i culetti a ponte a cercare un bakugan sotto il frigorifero armati di cucchiaio di legno nel vano tentativo di far staccare dalla base del frigo una pallina che più sorda di un bradipo anziano non ha la minima intenzione di staccarsi dall’unica vite che trattiene tutto l’impianto. Un paio di volte avrei voluto essere quel simil bradipo.
O peggio ancora, guardare il bambino che seduto a tavola si lamenta per aver perduto il suo prezioso amico e non riuscire a capire cosa ci sia di strano in quell’immagine di tuo figlio che dovrebbe invece risultarti familiare per poi scoprire che non è normale che alla forchetta di acciaio inossidabile sia spuntato un mega porretto… Trovato il bakugan!
E i giorni nel frattempo sono volati fino ad arrivare al 25 Febbraio, data nella quale da mesi era previsto il vaccino, l’ultimo vaccino della piccola principessa: MPR+V. Ci si potrebbe chiedere per quale motivo abbiano deciso di dividere quell’acronimo aggiungendo un insulso segno +. E’ in quella crocetta che si racchiude l’arcano mistero. I medici non te lo dicono per timore che si possa decidere di non sottoporsi a quella piccola iniezione.
Quello non è un +, ma una vera e propria Croce. E’ un segno, un simbolo di come la tua vita potrebbe prendere una brutta piega nei 15 (quindici giorni) che seguono la somministrazione del vaccino. Innanzitutto, spiego subito che MPR sta per Morbillo, Parotite e Rosolia. + sta per croce e V sta per Varicella.
Svegliatami dopo appena tre ore di sonno, ho caricato i bimbi in macchina (valigia sempre al seguito)per recarmi a Palermo, al centro vaccini per essere più esatta. Qui una ridente signora sulla cinquantina, prima di sottoporre la piccola principessa al suo trauma mattutino, mi ha spiegato per benino cosa ci accingevamo a fare. Poi, ridendo sotto i baffi, ha aggiunto che nell’arco di 15 giorni (“come pure no!”)si sarebbero potuti presentare i seguenti sintomi: febbre, irritabilità, mancanza di appetito, dolori articolari, puntini sparsi in tutto il corpo. Infine: “Se dovesse spuntare la pustolina sul lato del vaccino per la varicella, sappia che la bimba è contagiosa!” Bene. Tra gormiti, bakugan, valigie e chilometri percorsi come se niente fosse, il mio cervellino ingenuo ha deciso di soffermarsi sull’unica frase “come pure no!”
Trascorsa la prima settimana, seppur in mezzo al delirio ampiamente descritto, ho tirato un primo sospiro di sollievo. Tuttavia, essendo i miei sospiri di sollievo simili a dei boomerang aborigeni, ecco che mi sono ritrovata addosso tutto il peso di quelle parole inconsciamente evitate. Alle giornate così diverse eppur tutte uguali si è aggiunta una prima notte quasi insonne della piccola vittima sacrificale. In ordine sono spuntati: la febbriciattola, i dolori articolari, la conseguente irascibilità, una serie di macchioline sparse per il viso di colore e grandezza diversa e dulcis in fundo LA PUSTOLINA DELLA VARICELLA!!!! Cazzo! La bimba non solo è contagiosa ma ha pure problemi di stomaco!
Ed eccomi qui, da poco più di 5 minuti, a meno otto giorni dalla partenza a rendervi partecipi di questa rilassante parentesi nell’attesa che la grande avventura abbia inizio pure per noi. Chi di voi mi immaginava tra una lezione di acqua gym, una seduta di massaggi, e un “fancazzismo” diffuso sappia che la vita mi ha confermato una grande lezione: “Mai fare progetti perché al peggio non c’è mai fine e le vie della provvidenza sono infinite”.

domenica 7 marzo 2010