"Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro pensiero."
(Giacomo Leopardi)



"In pratica le persone che mi vogliono bene spesso non si accorgono infatti che il loro "ti appoggio" si trasforma in un "mi appoggio"
(Miranda Taten)



giovedì 17 dicembre 2009

Forza e coraggio!


A volte guardando i miei pupattoli penso che, tutto sommato, non sarebbe brutto avere tre figli. I bimbi sono belli, ingenui ed astuti, capaci di farti commuovere e piangere di gioia come forse nessun altro nella vita di un uomo. In tal senso penso a Lorenzo quando, poche settimane or sono ed evidentemente accettando rassegnato l’idea che tutti cresciamo e invecchiamo, mi comunicò mentre eravamo distesi al buio della sua stanzetta con uniche testimoni le stelline fluorescenti: “Mamma, l’ho capito che dobbiamo crescere tutti. MMMM, l’ho capito che quando io crescerò, tu diventerai anziana … però mamma, non preoccuparti … quando morirai io ti penserò tutti i giorni e ti vorrò per sempre bene!”. “Sigh!” … “Grazie amore mio. Sogni d’oro anche a te!”
Per fortuna però, all’improvviso ma non troppo, accade qualcosa che immediatamente ti riporta con i piedi per terra e ti costringe non a prendere precauzioni ma, addirittura, fare astinenza pur di non incappare in quella trappola di tenerezza rappresentata da un fiocco rosa o celeste appeso dietro la porta di una clinica e dietro la quale si celano, di tanto in tanto, mille, duemila, tremila insidie. Sono tutte trappole, tranelli orditi da qualcuno che sta ai vertici e che, periodicamente, decide di concederti un paio d’ore di puro sbattimento per mettere alla prova tutti i tuoi neuroni e la tua pazienza … ammesso che la vita te ne abbia fatto dono.
Puro sbattimento. Una di queste occasioni si è prontamente verificata un paio di sere fa. Tornati da una lunga passeggiata pomeridiana e decisamente infreddoliti dalle temperature estreme trovate dentro casa (chiunque ci abbia fatto visita nel periodo invernale capisce bene perché non ci spaventa il freddo canadese!), decido di accendere il camino. Qual meraviglia più di una serata invernale e piovosa riscaldata da una scoppiettante fiammella. A me, quando va bene, riscalda pure il cuore e mi fa amare il mondo intero. Mi pare superfluo anticipare che la serata ha avuto però un prosieguo imprevisto. Altrimenti col ca… che avrei acceso il camino!
Essendo la mia piccola Maia al suo primo inverno interattivo e giustamente incuriosita da quella meraviglia ardente, è cominciata una sfilza di puntatine in direzione camino nel tentativo di familiarizzare con quello sconosciuto. Ad ogni rapido movimento sulle sue piccole ginocchia e braccia in direzione camino, seguiva un altrettanto rapido intervento paterno con un: “No! Maia no! Bua! Non si tocca!”… mia nonna direbbe: “L’acqua mi vagna e u ventu m’asciuca” (L’acqua mi bagna e il vento mi asciuga!)per descrivere la reazione della piccola a quel terribile rimprovero paterno. Il nulla. In altre parole, era come se Ale parlasse tra se e se , sottovoce, dato che la piccola harakiri non si curava minimamente del monito!
Sembrava una sorta di balletto: 4 arti trotterellavano in direzione camino accompagnati da un gridolino di gioia; “Maia no! Maia no! NO! NOOOOOOOOO! NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!”; un saltello del Papà e la cucciola veniva riposizionata al punto di partenza nella speranza di una sua resa. Inutile dire che non c’è stata!
Io, nel frattempo, cercavo di organizzare una cena degna di questo nome e intrattenevo Lorenzo che, stranamente (mento sapendo di mentire!), fu colto da un improvviso attacco di logorrea. Un urlo: “BAAAAAAAAAAASTAAAAAAAAAAAAAAAA! HO DETTO NOOOOOOOOOOOOOOO!” … silenzio … “BUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!”, e comincia per davvero la nostra serata col pianto inconsolabile di HARAKIRINA offesa dalle parole del padre che, dati i decibel, questa volta non poteva di certo ignorare.
Bloccata davanti il camino, Maia lo fissava, mi fissava, poi metteva la testa all’indietro come solo Sophia Loren saprebbe fare e piangeva in modo inconsolabile. Una sbirciatina alla mia reazione e poi di nuovo: testa indietro e “Buuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu”. Un’altra sbirciatina verso Lorenzo, testa indietro e: “Buuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuuu!”. E così per mezz’ora. Nel frattempo Lorenzo, attratto da quell’involontario ritmo creato da Maia, decide di partecipare attivamente al concertino contribuendo con balletti e simulazioni di vari tipi di pianto.
A quel punto, cominciai ad avvertire una strana sensazione che mi partiva dal centro dello stomaco. Un bruciore, una pressione, una sorta di istinto omicida. Niente più freddo. Caldo. Calore. “Uno, due, tre…Il repiro mi respira…Il respiro mi respira…”, mi avevano insegnato al corso pre-parto durante le lezioni di RAT (training autogeno). Uno sguardo a Lorenzo che, intuendo il mio stato ma non nella sua totalità, decide di trasformare quella simulazione in una simulazione in playback .
Riepilogando: un fuoco scoppiettante piantonato da un papà furente; un tappeto orientaleggiante con una bimba isterico-piangente; un bambino ridente che in playback finge di essere un cantante e, dulcis in fundo, una mamma morente sotto il peso di uno stress snervante che cerca di cuocere una scaloppina scoppiettante! Sti cazzi!
La cena è pronta. Maia nel suo seggiolone interrompe il suo pianto solo per mangiare. Lorenzo mangia, lamentandosi ad ogni boccone, la sua fettina di carne che giusto quella sera non è di suo gradimento. Alessandro, di fronte, pallido e muto cerca di concentrarsi su quella “cazzo d’insalata della cazzo di dieta” (non l’ha detto ma gli si leggeva su quel labbro inferiore poggiato sul piatto schiacciato dal peso della depressione serale!). La sottoscritta che, con un filo di voce, canticchia una canzoncina a Maia per cercare di sedare quel pianto e la imbocca nel tentativo che la bimba dimentichi quel brutto incidente nel quale quel brutto papà monello e cattivo le ha impedito di trasformarsi nella torcia olimpica delle olimpiadi invernali di Vancouver!
Piano piano, lentamente, pare che tutto stia tornando al proprio posto. La principessa suscettibile, finalmente, è concentrata sulla sua cena. Lorenzo mangia in silenzio. Alessandro recupera la lucidità e con infinita dolcezza mi dice che non appena Maia avesse finito il suo pasto, se ne sarebbe occupato lui per far sì che io potessi cenare.
“Vado a prendere un po’ di legna fuori!”. Queste le penultime parole di Alessando. Le ultime furono: “Ma che cazzzzzzooooooooo è?! Noooooooooo. Tutta la lavanderia allagata!”
Gli infissi esterni della lavanderia di questa meravigliosa casa che ci ospita da quasi cinque anni non avevano retto sotto il peso della pioggia battente che nel pomeriggio si era abbattuta sulla città. Risultato: una lavanderia allagata, una cesta della biancheria fradicia con tutta la biancheria al suo interno fradicia. Una bimba che, ripensando al fattaccio, ricomincia a piangere e un bambino forte come un Power Ranger, tenace come Ben Ten e coraggioso come solo un bambino di 4 anni che si spaventa del buio sa essere, che piagnucola perché deve fare la pipì ma non se la sente più di percorrere da solo un corridoio degno di “Shining” nella pur remota possibilità che possa comparire un mostro che sicuramente saprebbe sconfiggere con i suoi pugni paralizzanti ma che, quella sera… solo quella però, non ha voglia di affrontare.
E la mamma? La mamma, seduta a tavola guarda la sua cotoletta alla quale con una smorfia di dolore augura: “Buonanotte”
Se tutto si fosse fermato a quanto detto, in realtà, non ci sarebbe nulla di così eclatante che un genitore medio non abbia mai sperimentato. Ma a noi piace stupirci. All’improvviso cambia il vento e chiunque conosca qualcuno che vive dalle mie parti, saprà benissimo che se a Palermo cambia il vento, a Partanna Mondello cominciano i guai. Tutti i fumi di tutti i comignoli della zona si sono concentrati nel soggiorno di casa mia e così, mentre PapAle guadava l’Hudson della mia lavanderia, Lorenzo lottava con i mostri della sua fantasia piagnucolando nel corridoio, ClaudiadiAle salvava la piccola Harakirina che sul tappeto si stava trasformando in una caciotta affumicata. Un’altra mezzora di puro sbattimento. Un’ora per cercare di riscaldare il soggiorno, andata letteralmente in fumo. Fumo uscito solo dopo l’apertura, nonostante il vento soffiasse a 100 km/h, di tutte le imposte della cucina-soggiorno trasformatasi di nuovo, nella hall di un igloo.
Erano solo passate due ore da quel rientro pieno di grandi speranze per la serata. I bimbi, finalmente, dormivano. Ale era un tutt’uno con il divano. Senza nemmeno guardarci negli occhi, io però ridevo istericamente da sola, abbiamo deciso di andarci a coricare, dandoci le spalle e facendo ben attenzione affinché neanche il solo mignolo entrasse a contatto con il coinquilino. Un muro trasparente ci ha separati tutta la notte.
Il mattino seguente, sospinta dall’invitante odore di caffè caldo giungo in cucina e chi ci trovo? Alessandro senza barba. “Scusa, ma quando l’hai fatta?” “Ieri sera!”… silenzio.

2 commenti:

Mira ha detto...

Ahahahahahhahaaaahh!! Cosí ti vogliamo: combattiva!!! Diciamo che per poco non cadevo della trappola di Lorenzo pure io. Mamma mia - hiere i go again - how can i resest you...lalallallla. Colpa degli ABBA?
E per la mamma compleante hip hip hurrá!!

coLori ha detto...

che ridere... la descrizione è talmente perfetta che è come se vi avessi visto in azione.
Piccoli suggerimenti: una bella torcia per Lorenzo (da aggiungere ai già sicuramente numerosi regali di Babbo Natale) e, davanti al camino, un ostacolo degno di questo nome per Maia. Per voi una bella dose di pazienza ancora per un pò...