… “il divertimento è assicurato!”, mi ripetevano imperterriti i folletti della mia fantasia. Ogni giorno, stranamente, oltre ad essere un giorno nuovo (la Natura si sa, difficilmente cede ai capricci di noi mortali!), è stato anche e soprattutto identico al precedente. Ogni sera il pianto di Maia e la sua inconsolabile nenia caratterizzata da un “Papààààà, papàààà, papààà!” che, ringraziando il cielo, dall’al di là dell’Oceano ci aggiornava sui suoi progressi da diciottenne. “Ho preso la patente!”. “Braaaaaaaaaaaaaavoooooo!”. “Ho trovato casa!”. “Braaaaaavoooooooo!”. “Ho fatto il test e ho preso 8”. “Braaviiiissiiiiimo!”
E la consorte? Non mi riferisco, ovviamente, alla sposa che probabilmente un troppo diligente governo canadese gli ha affiancato al momento del “landing” per evitare che il nostro overqualified newcomer si sentisse troppo solo, ma alla sottoscritta. La consorte, continuando seppur vanamente a consolare la piccola fiammiferaia palermitana, si è sbattuta a destra e manca nel tentativo complicatissimo di svuotare una casa enorme dove gli oggetti, come gremlins continuavano e continuano a moltiplicarsi. L’amia mi darà un premio speciale per la sovrapproduzione di immondizia che sono riuscita a racimolare nel giro di una sola settimana. Non c’è stata sera infatti nella quale il mastro lindo che vive in me non abbia scaricato e caricato e scaricato sacchi condominiali dapprima in macchina e poi direttamente nei cassonetti di Partanna. In pratica, secondo me, tutta Partanna Mondello si chiede ancora come fosse possibile che dei sacchi neri della spazzatura fossero in grado di guidare una Citroen C3 senza che la polizia facesse qualcosa per scoprire l’arcano.
Ma questa, tuttavia, è solo la punta di un iceberg (non mi riferisco questa volta all’appartamento che mi accingo a lasciare). Non bisogna dimenticare che la “portualla” in questione è anche madre di due splendide creature. Ogni sera arrivando a casa, dunque, dapprima sono stata (e continuo ad esserlo) accolta da Maia con un sonoro “Papàààà!” e, poi, da un Lorenzo al quale sono evidentemente spuntati i tentacoli. Ogni sera dunque, prima di concedermi una doccia bollente fissando il vuoto e dondolandomi avanti e indietro, mi sono dovuta accollare le cene dei bimbi che avevano bisogno della loro mammina…una lunga passeggiata nel lungo corridoio di casa dei miei suoceri sempre con il suddetto Polpetto Lorenzo avvinghiato alla gamba che, avendo scoperto il divertimento insito nello stare appiccicato alla gamba di qualcuno per farsi trascinare in giro per il mondo, ha voluto mettere alla prova la mia prestanza fisica e quella del mio gastrocnemio e, dulcis in fundo, preparare la torta per la festa all’asilo con tanto di smarties e decorazioni di zucchero a velo celeste!
Sti cazzi!...direbbe un filosofo greco. Qualcuno di voi, leggendo quanto scritto e volendomi immaginare all’opera, probabilmente mi vede comodamente seduta davanti al pc e tutta concentrata a mettere in ordine le idee. Nulla di più sbagliato. Al momento, mi trovo in piedi in quella che rappresentava la lavanderia di casa i cui segni del suo precedente uso possono solamente dedursi dagli unici due amici rimasti a tenermi compagnia: una spugna e un detersivo per i piatti. Inutile dire che anche la loro esistenza, al momento, ha cessato di avere un senso, uno scopo. Piatti da lavare non ce n’è! Né tantomeno ci sono suppellettili, mobili, sgabelli a disposizione. In questa casa siamo rimasti in pochi e mi permetto di usare il plurale solo perché al netto del totale sono inclusi gli spifferi. Quando me ne sarò andata anche io, rimarranno solo loro.
Oggi è un giorno importante dal quale mi pare di intravedere un piccolo barlume di luce…un guizzo, uno scintillio al termine di un lungo tunnel che, se tutto va bene, dovrebbe portarmi al di là dell’Oceano. Ma prima di arrivare alla fine, si sa, la strada è stata e mi pare ancora un po’ lunghetta e non vorrei che quel luccichio fosse in realtà la torcia a pile di qualcuno che si è perso anni or sono e, come me, vaga alla ricerca della meta.
Come già detto precedentemente, le lezioni apprese in questo tour de force nel mondo degli spostamenti transoceanici sono state innumerevoli e poiché ritengo che uno degli aspetti di maggiore rilievo sia rappresentato dalle relazioni interpersonali con brevi ma intensi excursus di natura socio antropologica, ritengo sia il caso di dedicare un post a parte a tutte le persone conosciute in questi giorni di puro sbattimento.
Tuttavia, vorrei lasciarvi con una riflessione che da un paio di giorni attanaglia la mia mente: perché un uomo, traslocatore di professione, sente l’esigenza di portare con se un parrucchino brizzolato? Rifletteteci mentre io, sotto una pioggia battente, mi auguro di non dover assistere all’ultimo allagamento della lavanderia. Sarà che la spugnetta di cui sopra è solo un segno inviatomi dal cielo per prepararmi a una nuova grande avventura?