"Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro pensiero."
(Giacomo Leopardi)



"In pratica le persone che mi vogliono bene spesso non si accorgono infatti che il loro "ti appoggio" si trasforma in un "mi appoggio"
(Miranda Taten)



venerdì 14 dicembre 2007

Un giorno con il Nonno (omaggio ai cugini lettori del blog)

Ricordo come se fosse oggi il giorno in cui mi resi conto che il precetto secondo cui bisogna ascoltare il proprio cuore non sempre va applicato. Lo feci una volta e, senza dubbio, imparai la lezione.
Un giorno, bazzicando per i giardini della cittadella universitaria e in attesa che cominciassero le lezioni pomeridiane, decisi che sarebbe stato carino impegnare quell’attesa per andare a far visita ai miei nonni. Probabilmente, doveva trattarsi di uno di quei giorni in cui, inspiegabilmente, ci si sente buoni all’ennesima potenza e spinti da una particolare predisposizione verso il prossimo. Perdendo, in questi rari casi, il senso della misura si corre il rischio di esagerare e, puntualmente, il tutto ci si rivolterà contro. Se poi la protagonista della vicenda sono io, ecco sfiorata l’apocalisse.
Esagerata? No, se ognuno di voi avesse conosciuto mio nonno.Costui, infatti (pace all’anima sua), era un personaggio inquietante. Altamente inquietante. Terrore dei nipoti, dei vicini di casa, dei figli e di tutti quelli che per sventura o per un motivo qualunque, avevano a che fare con lui.
Se volessi trovare un esempio per descrivere il senso di pericolo che suscitava negli altri esseri umani, l’unica cosa che mi viene in mente è che l’immagine tipica del vecchietto seduto davanti ad un camino scoppiettante, intento a leggere una favola ai nipotini seduti ai suoi piedi, nel caso di mio nonno, cedeva il posto alla gigantografia dell’Orco di Pollicino.
Mio nonno. Pur essendo il suo nome di battesimo Gaetano, solo ai nipoti era concesso chiamarlo in questo modo. Per la nonna lui era Tanuzzu (Gaetanuccio...insomma!!!!!); mentre per i figli Vossia ( tradotto: Vostra Signoria!)...con questo ho detto tutto!
Fatte le dovute premesse e tornando al fatidico giorno in cui il titolo “Va dove ti porta il cuore” mi sembrava racchiudere l’essenza di tutta la nostra misera esistenza, vi dico che, mossa da un desiderio irrefrenabile di dimostrargli il mio affetto, salii in sella al mio scooter e dopo aver inalato quantità impressionanti di monossido di carbonio arrivai davanti il portone di casa sua.
"Solo un po’...un po’ passa subito", mi ripetevo mentre il mio dito aveva già pigiato il pulsante del citofono e un attacco di tachicardia mi faceva sperare che non rispondesse nessuno!"Solo un po’. Devi tornare a lezione. Solo una visita. Poi c’è la Nonna...non ti preoccupare!", mi ripetevo salendo, uno ad uno, i gradini della scala.Salii a piedi non per dieta né per “fare movimento”, ma per sciupare minuti di quel "po’"...che sarebbe così diventato "un pochino". Un accordo tacito tra figli e nipoti, infatti, prevedeva che il timer delle visite scattasse nel momento in cui qualcuno avesse risposto al citofono. Anzi, se proprio dobbiamo dirla tutta, qualcuno barava conteggiando come visita il solo aver posteggiato sotto casa sua senza essere, in realtà, riuscito ad incontrare nessuno. Giusto per capire: “Non c’è nessuno. Vabbò, io sono passato!”
Arrivai sul pianerottolo e, trovando la porta socchiusa, mi resi immediatamente conto del fatto che ormai l’irreparabile era accaduto. "La nonna ci aspetta sulla soglia della porta per darci il benvenuto con uno dei suoi strabilianti Curòòòòòòòò (cuore) seguito da cinque baci, almeno! Oddio! La nonna non c’è!", gridava il mio cervello , mentre il mio cuore mi suggeriva qualcosa tipo: “Corri Claudia! Corri! Scappa! Scaaaaaaappaaaaaaa!”
Sulla porta di casa mi parve di scorgere un’immensa insegna al neon che, lampeggiando, recitava: "Lasciate ogni speranza, voi che entrate!".Sacrosanta verità. A quel punto fui costretta ad abbandonare del tutto la speranza di non ritrovarmi da sola con lui intrappolata nella ragnatela di un qualche argomento allucinante e contorto che iniziava quasi sempre con la frase: "Mi ricordo che..."Quando mio nonno esordiva in quel modo era la fine di tutto. Senza nemmeno avere il tempo di capire cosa stesse accadendo, infatti, ci si ritrovava immersi in uno sfogo allucinante, una sorta di visione onirica, che aveva per protagonisti delinquenti, malviventi, ignoranti, mostri d’immoralità, ladri di caramelle e tutto il peggio che la società può offrirci.. Nessuno dei personaggi aveva un nome proprio. I protagonisti, infatti, erano sempre "figli di qualcuno", "vicini di casa" di qualcun altro e comunque, alla fine e per motivi assolutamente illogici (ma validissimi per lui), erano "cornuti e disonesti" o, peggio ancora, "Quella grandissima P..." (i puntini li metto io. Lui, di certo, non l’avrebbe mai fatto).
I miei timori non furono certo smentiti. Al mio "Buongiorno" seguì un: "solo una visitina, devo tornare a lezione". Era il mio subconscio che, vedendomi impotente, cominciò a parlare ad alta voce. Mi sedetti senza proferir verbo, sorridendo come un ebete e pregando che non accadesse l’irreparabile.
P. G. C. (per grazia ricevuta), quel giorno mio nonno era di buon umore: evidentemente, negli ultimi cinque minuti, nessuno aveva osato fargli un gravissimo torto.
Tuttavia, pur sottolineando che mi sarei fermata solo dieci minuti, ebbe inizio uno dei peggiori incubi della mia vita.
"Alla nonna farebbe tantissimo piacere vederti!", tuonò la sua voce. Non era una constatazione, non era un dato di fatto, non era un invito a rimanere...ma: SEQUESTRO DI PERSONA!. Da quel momento era finito tutto. Avrei potuto anche ritirarmi dalla università e non fare programmi per i prossimi vent’anni. Quando Tanuzzu diceva qualcosa non vi era alcun modo di tirarsi indietro e se anche vi fosse stato, nessuno avrebbe mai osato contraddirlo. (Mi daranno sicuramente ragione quei cugini che per anni hanno dovuto ingoiare tonnellate di “sciù” incartapecoriti e sul punto di esplodere a causa della quantità abnorme di panna composta per il 99% di gas della bomboletta erogatrice!).
"Accompagnami a prendere la nonna", fu il verdetto. "Nooooooooooo, la nonna nooooooooo! La macchina nooooooooooooo! Uscire assieme noooooooooooo!", cominciò a gridare il mio cuore nella speranza che un qualche miracolo mi facesse ritrovare dall’altro capo del mondo.
Troppo tardi. Senza nemmeno avere il tempo d’indossare il cappotto (in realtà ho dei ricordi vaghi, probabilmente, a causa del forte trauma) mi ritrovai nella sua Clio. Velocità di crociera: venti km orari. Ricordo ancora con estrema vergogna la fila di automobili dietro di noi e, altrettanto bene, il mio più grande desiderio del momento: scomparire per disintegrazione!
Ad un certo punto, con una manovra da super eroi, mio nonno decise di superare il camion che osava ostacolare la nostra vista...a venti km orari. Una macchina sulla corsia opposta, giustamente, cominciò a lampeggiare con i fari (quando ancora abbastanza lontana) e suonare il clacson quando lo scontro frontale poteva dirsi imminente. Io sotto shock. Mio nonno? Impassibile ed incazzato se ne uscì con un "CORNUTO!".
Durante il tragitto mio nonno mi disse che, prima di andare all’appuntamento con la nonna, dovevamo “sbrigare” un paio di cose. Cominciai a tremare. Capii immediatamente di essere entrata, con i miei stessi piedi, in un tunnel dal quale non sarebbe stato semplice uscire. Fermatosi davanti il portone di un ufficio, dopo avermi dettagliatamente delucidato sulla vita di una delle segretarie che avrei presto incontrato, mi invitordinò di scendere dalla macchina per andare a ritirare un documento di importanza vitale. Fin qui nulla di strano...se non si fosse trattato di mio nonno.
Infatti, non fu sufficiente scendere dalla macchina. Essendo lui il richiedente, dunque, sarebbe stato lui a suggerdettarmi.l’esatta frase che avrei dovuto pronunciare.Non dimenticherò mai quel discorso: "Buongiorno, sono la nipote del Sig. Gaetano. Mio nonno mi ha mandato presso la vostra agenzia per assicurarsi che sia pronto quel documento di cui aveva fatto domanda il giorno...e poiché mio nonno è anziano, ha chiesto alla sottoscritta il favore o la cortesia di ritirarlo. Può darmelo?"
Queste furono le sue parole. Purtroppo non sono in grado di trascrivere anche l’enfasi e la pomposità con la quale avrei dovuto pronunciarle.Tutto chiaro. Aprii lo sportello della macchina e, non appena misi un piede fuori, mi sentii pietrificare allorché, con un braccio quasi in cancrena sotto la morsa del pugno di mio nonno, udii testuali parole: "Ripeti. Cosa ti ho detto che devi dirle?"
"Non ci credo che si aspetta veramente che lo ripeta!”, pensai. Ma, in realtà, già lo stavo ripetendo fissando terrorizzata i suoi occhi incriminanti e sperando con tutto il cuore di non tralasciare nemmeno una parola. Mi sentivo come quando mia madre mi mandava dalla vicina per chiedere:" dice mia madre, ha un po’ di latte da prestarci?".
Entrai e presi il documento limitandomi a dire: “E’ pronto?"
Salii in macchina e pensai: "Fuori uno".
A quel punto si era fatta l’ora di andare a prendere la Nonna che, mentre io vivevo una delle esperienze più traumatiche della mia giovinezza, aveva trascorso il suo tempo zampettando da una bancarella all’altra del mercatino rionale alla ricerca di uno dei suoi mega AFFARONI: salopette originali degli anni ’70 con tanto di zampa d’elefante per un pronipote che mai l’avrebbe indossata; bambole in finta porcellana vestite da spagnole e, dato lo sguardo, possedute da un’entità malefica, ovvero, set da cinque piatti e mezzo, tre posate e nove bicchieri da regalare al nipote che per primo avrebbe convolato a giuste nozze.
Ci appostammo sotto un edificio perché, mi spiegò il nonno, l’appuntamento era proprio in quel punto. Ebbe inizio l’attesa. Dieci minuti, un quarto d’ora e della nonna neanche l’ombra. Il panico cominciò a stringermi lo stomaco mentre, rassegnata, aspettavo che avesse inizio uno di quei “Mi ricordo che…” di cui vi ho già parlato.Un’ora. Il nonno cominciò ad innervosirsi e ciò era chiaro perché cominciavano a gonfiarsi le vene del collo.
Cominciò a parlare a bassa voce, in dialetto. Ad un certo punto, fissandomi cercando di trattenere i bulbi oculari dentro le orbite, mi spiegò che la nonna era invecchiata e che, proprio per quel motivo, cominciava a “perdere colpi”. ("La nonna?", mi chiesi).
Alla luce di ciò, aggiunse di essere stato costretto ad attaccare un nastrino con la bandiera dell’Italia sull’antenna della macchina...lunghissima!: "Perché così non si perde quando la vado a prendere!".
A quel punto, il mio cervello fece una specie di rewind costringendomi a rivedere tutta la scena: noi a venti km orari con un’antenna lunghissima montata su una macchina che gira per la città sventolando una bandiera dell’ Italia.
"Aiuuuuuuuuutoooooooooo!""Ma dove se ne è andata tua nonna! Sicuramente si è dimenticata dov’era l’appuntamento. Perchè io che sono un uomo previdente, le dico sempre che...bla,bla"...tuonava la sua voce dentro la macchina con i finestrini rigorosamente chiusi.
Io, distrutta dal dolore, cominciai a frustarmi senza che il mondo se ne rendesse conto. Pensavo intensamente a cosa avessi fatto di sbagliato per meritare quella tortura. Io. Io che sono autistica sotto alcuni punti di vista. Io che sono la persona meno adatta ad affrontare siffatte situazioni, cercai di mettermi in contatto telepatico con la nonna. Lo scopo era quella di fungere da suo navigatore di bordo e condurla in quel fottutissimo parcheggio per porre fine, una volta per tutte, alla mia agonia. Avrei voluto con tutta l’anima il dono dell’ubiquità per andarla a prendere pur di non continuare quell’attesa farsesca e terrificante.
Ad un certo punto, mio nonno, calmatosi, scorse dallo specchietto retrovisore la sagoma della nonna. In quel momento conobbi la Felicità: dopo solo un’ora di ritardo finalmente ci aveva ritrovati.
"Non può finire così’", mi dissi. "Non posso crederci che l’incubo si concluda tipo favola a lieto fine", continuai sempre mentalmente.
.Ahhhhhh! Tanuzzu ebbe un’idea geniale (per chi?): "Nasconditi sotto il sedile della macchina e quando la nonna si avvicina ti alzi e gridi: Sorpresa!!!!!!!".Nooooooooooooo.Il mio cuore ancora una volta mi suggeriva di scappare. La mia anima sapeva che non c’era scampo. Dovevo raggomitolarmi sotto il sedile e farlo. Non era una proposta. Era un DOVERE!
Rassegnata e completamente in balia di mio nonno, mi raggomitolai sotto il sedile e nell’attesa interminabile di vedere mia nonna, mi parve di scorgere le facce dei miei familiari, di mia madre, dei miei amici, dei miei cugini i quali, appoggiati sul finestrino della macchina, ridevano a squarciagola.
Mio nonno mi diede il via ed io con un sorriso da cretina, più isterico che sincero: "Sorpresa!!!!!!!!!""Curoooooooooooooooooooooo’", urlò mia nonna con quel tono rassicurante che avrei voluto sentire appena due ore prima.
L’apoteosi del delirio la raggiunsi quando scoprii che: se, da un lato, mia nonna stava cominciando a perdere colpi; dall’altro, mio nonno non li aveva mai avuti (i colpi)...
Eravamo stati un’ora ad aspettare la nonna. Un’ora d’anticipo all’appuntamento!!!!!!

3 commenti:

Alberto ha detto...

Non ho parole, troppe risate! Essendo uno di quei cugini affacciati al finestrino a ridere della tua situazione, posso solo dirti che.....al tuo posto, data la mia mole, non avrei mai potuto raggomitolarmi sotto il sedile!! l'unica cosa che avrebbe potuto salvarmi...X i lettori "ignari": E' TUTTO VERO!!!

Claudia ha detto...

Avrebbe sicuramente trovato una soluzione anche per te...era (pace all'anima sua) un uomo pieno di risorse!
Pensa a quando, troppo gentile, decise di fare il sorteggio tra i nipoti più meritevoli per decidere a chi spettasse la macchina nuova...
Io riuscii a trovare l'ultimo biglietto alla modica cifra di sette o sette milioni e mezzo!
Però...vinsi!

Alberto ha detto...

Vero!! Che fortuna che hai avuto!!!