"Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro pensiero."
(Giacomo Leopardi)



"In pratica le persone che mi vogliono bene spesso non si accorgono infatti che il loro "ti appoggio" si trasforma in un "mi appoggio"
(Miranda Taten)



venerdì 31 agosto 2012

Wrecking Ball, Toronto 2012. Diario di una serata





In attesa di assistere per la terza volta a un concerto di Bruce Springsteen, inevitabilmente, ho rivissuto molte delle tappe che nel 2007 mi portarono a laurearmi con una tesi prevalentemente concentrata su alcuni dei suoi testi e sulle scelte che lo portarono a “The Ghost of Tom Joad”.

Un periodo  ricco di emozioni e, di conseguenza, un’attesa ricca di emozioni quella che da Vaughan mi ha portata al Roger Center di Toronto.

Il biglietto riportava come orario d’inizio le 19:30. Al nostro arrivo, lo stadio era pressocché vuoto. Era ovvio che i Torontonians sapessero benissimo che lo spettacolo sarebbe cominciato almeno una mezz’ora dopo. Attesa. Un sorriso incontrollabile  nel guardarmi intorno e nel cercare di comprendere quale fosse l’età media degli spettatori. È solo un’opinione ma mi pare che, da questa, a un concerto si possano dedurre tante cose sull’artista stesso.

Un pubblico non giovanissimo attendeva sorridente l’inizio dello spettacolo. Sebbene un po’ in ritardo, il pubblico composto continuava a bere birra, scattare foto. Un bel po’ di capelli brizzolati e “rughe d’espressione”, di jeans dal taglio non proprio moderno e di genitori con figli ventenni al seguito facevano da sfondo a una simpatica atmosfera che, di tanto in tanto, mi pizzicava l’anima.

Elegante, simpatico, discreto e travolgente è arrivato sul palco un Bruce Springsteen il quale ha immediatamente annunciato le sue intenzioni per il resto della serata: “We’re going to have a party!”
 

È fuor di dubbio che lo spettacolo sia stato una vera e propria festa...una di quelle che riescono talmente bene che alla fine ci si sente soddisfatti, sazi, appagati. Nessuno si aspettava, ma tutti speravano, che lo spettacolo durasse circa 3 ore e 40. Ad essere sincera, tenendo conto che Springsteen ha cominciato a correre e saltare sul palco sin dalla prima canzone, io ero quasi certa che non ce l’avrebbe fatta a tenere quel ritmo per troppo tempo. Mi sbagliavo.

Il concerto è stato davvero una festa. A detta di Ale, che qualche mese fa era andato assieme a Lorenzo ad assistere al concerto di Buffalo (USA), i due spettacoli, pur appartenendo allo stesso tour, sono stati portati avanti con tensioni emotive assolutamente differenti. Quello statunitense carico di tensione, una sorta di “pesantezza” determinata dall’assoluta immedesimazione con i testi delle canzoni. Chi conosce Bruce Springsteen sa che, nella maggior parte dei casi, ci si imbatte con il rovescio della medaglia del “sogno americano”.

A Toronto, per quanto vicini di casa degli Stati Uniti d’America, l’atmosfera era assolutamente diversa. La voglia era evidentemente quella di divertire e, a mio parere, far rivivere a quella non più giovane schiera di spettatori la passione per il vecchio e sano rock.

Per quel che mi riguarda, tra i 3 concerti visti , Firenze 2001, Caserta 2006, Toronto 2012, quest’ultimo è stato il più classico e rock di tutti. Più di tre ore di concerto, con qualche canzone da me assolutamente sconosciuta (per esempio, Thunder Crack), hanno fatto sì che nella mia mente si profilasse l’opportunità di andarlo a vedere ancora e ancora.

Per quel che riguarda la mia esperienza canadese, inoltre, il concerto mi ha offerto un ulteriore punto di osservazione da un punto di vista prettamente antropologico: il canadese alle prese con il rock.
Il titolo di un saggio che mai scriverò sarebbe: “Un popolo e il rock. Storia di un’implosione emotiva con il sorriso a  32 denti!”


giovedì 30 agosto 2012

Blu Rivoluzionario

Ricordati di me quando me ne sarò andata,
partita per sempre nella terra del silenzio;
Quando non potrai più tenermi per mano
né io, pur volgendomi per andare, restare.

Ricordati di me quando, giorno dopo giorno,
non potrai più parlarmi
del futuro che avevi pensato per noi:
solo ricordati di me; sai che sarà tardi allora
per chiedere consiglio o pregare.

Ma se il mio ricordo dovesse abbandonarti
per un poco
e poi di nuovo ti tornassi in mente,
non addolorarti,
poiché, se il buio e il disfacimento
lasciano vestigia dei pensieri che ho avuto,
è assai meglio che tu dimentichi e sorrida
anziché ricordare e rattristarti. (Christina Rossetti)

Original Gay continuava a fissarmi incredulo: “E dove te ne vai?”.
Nessuno lo sapeva, tanto meno io. Ad essere più precisi credevo di saperlo...ma...ma...ma...
Quando mi svegliai, una strana sensazione di appagamento mi pervase. Mà mà mà...mà come mai?
La guancia era in un lago caldo, e come tutti i laghi, le sue acque non erano salate, ma come l'eccezione che conferma la regola, putride e un po' melmose! In un sostantivo: la mia saliva. (La similiatudine dei laghi la dedico ovviamente alla mia coblogger, che approfitto per salutare: Ciao miaaaaa Deeeaaaaaaaa!!!!!!).
Ero ferma. Svampita, come una donna che di certo si chiama Paloma che è appena uscita dal bagno dell'aeroporto e muove la testa a scatti in tutte le direzioni perché cerca un volto amico rassicurante. Quello del marito?
Ero ferma. Ero ferma e i miei occhietti ancora rincoglioniti provavano a decifrare quei simbolini luminosi. Lettere? Lettere dell'alfabeto? Aeroporto? Aeroporto. Questa era l'unica parola sensata che quei stupidini riuscivano a sussurrare al mio cervello. Il mio cervello anche lui in quel frangente non pareva brillare e piuttosto che capire preferì tornare a perdersi nell'oblio. Per rassicurarsi si raccontò che essendo di origine cinese, quegli occhietti stupidini, di certo avevano interpretato male. Per fortuna la ragione stava di guardia e subito accortasi di quelle discrepanze intervenne gridandomi: “Guaaaaaaaaaardaaaaaaaa l`orolooooooooooogioooooooooooooo!!!”.
In quel momento, come Pinocchio col Gatto e la Volpe, decisi di seguire subito l'esempio del cervello, che si sa è il capo, e comunque in società più apprezzato del cuore, e optai per l'oblio.
La ragione però è una tosta, per cui mi costrinse a guardare in faccia la realtà...Mi ero addormentata di nuovo sul treno. Erano le sei di sera ed io ero in viaggio dalle quattro del pomeriggio, mi ero addormentata, quindi fatto il viaggio già due volte. A quel punto mi dividevano solo qualcosa come venti o venticinque minuti dal mio obbiettivo, più il tempo necessario sino a casa. Dunque se tutto fosse filato liscio sarei arrivata alle sette.
A quel punto iniziai a tremare chiedendomi se quando uno diventa pazzo inizi così. Alle sette, a casa. Io però ero GIÁ stremata...Poi, in un crescendo, qualcosa iniziò a stringere attorno al collo. Il suono della sveglia rimbombava già minaccioso nel mio piccolo orecchio: in pratica sarebbe successo da lì a poche ore DI NUOOOOOVOOOO!! Spiegai a Ragione che il punto non era solo arrivare a casa, che bisognava anche farsi la doccia, sfamarsi, quindi cucinare o preparare qualcosa. Questo naturalmente nel migliore dei casi. Insomma solo se saturno non fosse stato contro, e altri fenomeni scientifici che tutti noi ormai conosciamo. Mi chiese allora quando avrebbe suonato la sveglia: le quattro meno dieci. Rigorosamente del mattino. Ragione iniziò a piangere e io allora la presi in braccio e le accarezzai i capelli.

L'indomani agguerrita come Cucciolo ero alle 4:15, rigorosamente del mattino, già in cammino. Tutto procedeva bene ed ero riuscita a non addormentarmi sul treno. Certo c'era solo un po' di freddo e ciò nonostante fosse agosto, ma era ok. Io poi non sono una che rompe le balle e stressa, anzi mi adatto benissimo, si, benissiiiiiiiiiiiiiiiiiiimooooooooooooooAAAAAAAAA!!!
Ero caduta. Caduta a terra, stesa con la faccia a terra. Immobile. Il buio. Il freddo. Il giubbotto mi teneva stretta. Il cappello di lana era scivolato davanti quei stupidini cinesi che stavolta non erano stati attenti. Manco un'anima. Ok forse le anime c'erano, ma con “Ghost” ho imparato che la maggior parte non riesce a prendere le cose. In quel momento la COSA che giaceva sul pavimento ero io. Io piccola e blu. L'ironia della sorte aveva voluto che quel mattino indossassi proprio il giubbotto blu (da me chiamato “Blu Rivoluzionario” per motivi che capisco solo io), nonché l'unico che avessi, e che in quel momento spalmata sul marciapiede faceva di me una ridicola puffetta.
Il gelo, lo stupore o il dolore, o forse tutti e tre insieme (scusate questa formula la trovo in una pagina si e una no di un libro si e uno no che leggo: la volevo usare anche io!!), mi fecero restare là distesa sino a che un “AAAAAAAAAAARRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRrrrrrrr!” uscì dalla mia bocca rimbombando ovunque. Mi misi in piedi, e questa volta la lacrima che uscì dal mio occhi non aveva niente a che vedere con la ragione.




il mio Canada...pagine di un diario estivo


Quando stavamo per trasferirci in Canada dalla Sicilia, una delle domande ricorrenti, dopo: “Il lavoro l’avete?”,  era: “Ma perché in un posto così freddo?”

Oggi, non essendo in vena di polemiche, non mi soffermerò su nessuna delle risposte date alle domande in alto. Al contrario, essendo di buon umore, mi sofferemerò su due aspetti fondamentali: il Canada agli occhi di un non canadese medio; il Canada agli occhi di un non canadese medio che vive in Canada (il gioco di parole è assolutamente voluto).

Per un amante di “gossip” culturale come me, avere l’opportunità di attingere informazioni direttamente alla fonte è un dono dalle proporzioni notevoli. Il Canada, infatti, grazie alla convivenza di persone provenienti un po’ da tutte le parti del mondo, ha dato l’opportunità alla mia stessa natura di trovare il proprio pane quotidiano fatto di aneddoti, storie di tradizioni ancestrali, luoghi comuni, etc...

Per fare degli esempi, ho avuto modo di sentire storie di emigrazioni (diverse dalla mia, quantomeno nelle modalità) dalla bocca dei diretti discendenti. Ho visto foto, ho capito come si organizza un matrimonio combinato in Sri Lanka, ho scoperto che in alcune parti della Colombia si mangiano le formiche arrostite, buone come un chicco di caffè tostato (se non fosse per le antenne e le zampe!); ho scoperto che l’acqua di un lago non necessariamente è verde melma o marrone fango e, per farla breve, ho un elenco infinito di cose da scoprire che voglio gustare lentamente ma con la stessa goduria che si prova nel leccare un cucchiaio pieno di nutella.

Un altro piccolo appunto, che cade a fagiuolo per ciò che mi riguarda, è che le targhe dell’Ontario, Provincia(che in Italia sarebbe più a metà tra una regione e uno stato) nella quale abbiamo deciso di vivere, recitano : “Yours to discover”. Io le ho prese in parola!

Il Canada agli occhi un non canadese medio che non vive in Canada è così:

Freddo. Con le camicie a scacchi. Pieno di verde. Gli orsi ti bussano alla porta. Il cielo è perennemente grigio. La temperatura in estate non sale al di sopra dei 5 gradi. I bambini poverini sentono sempre freddo  ma, nonostante tutto, li portano all’aria aperta per abituarli. Se sei emigrato, sei povero e affamato. I tuoi bambini, forse, anche un po’ sporchi e tristi. Non c’è il formaggio buono, non c’è la frutta buona, non ci sono vestiti belli, belle riviste, posti da visitare. Ci sono solo ghiaccio e neve. In Inverno fa buio presto e andare in macchina è pericolosissimo. La neve, a volte, supera i tetti delle case. È sempre meglio avere una buona scorta in casa di cibi in caso di emergenza. Ci sono tanti bellissimi laghi ma l’acqua è sempre melmosa. Chi più ne ha, più ne metta!

Il Canada agli occhi di un non canadese medio, che vive in Canada, è così:

Il Canada è enorme. Un Paese con 10 Province e 3 territori. Provincia che vai, clima che trovi! Per spiegare meglio ciò di cui parlo, oggi, vorrei usare due esempi specifici: una città in Nunavut attraverso le  foto di una mia gentilissima studentessa d’italiano la quale ha acconsentito affinché le usassi nel mio blog; una zona dell’Ontario (Bruce Peninsula) nella quale ho avuto l’immenso piacere di trascorrere uno di questi AFOSI weekend  dell’estate in Ontario.

Iqaluit, Nunavut

Iqaluit (il cui nome vuol dire “luogo con molti pesci” nella lingua inuktitut) è la capitale del Nunavut (in Inuktitut, “la nostra terra”). Lingue ufficiali: le inuit, inuktitut and inuinnaqtun, inglese e francese.

Da un tema  scritto da Patricia in italiano, ho capito che in Aprile ad Iqaluit c’era tanto freddo (-30, se non erro). Nonostante la neve, il ghiaccio, il freddo, gli abitanti del luogo organizzano eventi “sociali” che, nel suo caso, trattavasi di una gara di corsa con le slitte. I cani che si rifiutano di correre, in compenso, sanno sorridere!
 
 

Prima che arrivi l’autunno (guardare la foto che segue per comprenderne il motivo!)  si va in barca a fare la spesa per tutto l’anno (cereali,pasta, riso, etc...) e, una volta la settimana, un simpatico signore che riesce a pilotare un piccolo aereo porta sull’isola cibi deperibili.
 


 

Sauble Beach e Lion’s Head, South Bruce Peninsula, Ontario

Io, per ignoranza, rientravo tra quella schiera di persone convinte che l’acqua di un lago potesse soltanto essere melmosa, marrone, verdastra e, in una parola, inaccettabile per chi come me fosse abituato a un mare azzurro, verde smeraldo, limpido e cristallino (non ad Agosto e non dappertutto!).

Ebbene sì, devo ammetterlo! Quest’estate l’Ontario mi ha riservato un’altra grande sorpresa: l’acqua di un lago trasparente e cristallina. Un lago abbastanza grande da non far scorgere l’altra sponda e, dunque, dare la sensazione del mare con l’unica e sottolineo UNICA differenza di immergersi in acqua dolce.

 

A nord di Vaughan, che a sua volta è definita come “the city above Toronto”,  si trova una penisola (Bruce Peninsula) che, devo dire, è un posto assolutamente incantevole.

Un venerdi sera siamo partiti alla volta di Sauble Beach dove avremmo trascorso  un fine settimana in un Motel (che in Nord America è un po’ diverso da un Motel in Italia o in Brasile, a detta di alcuni cari amici). Il sabato mattina ci siamo svegliati in un posto incantevole, un po’ fuori dal tempo dove, a tratti, si ha la sensazione di essere in una sorta di “Casa nella prateria”.

A causa della mancanza di acqua pubblica e sistema fognario, le grandi catene alberghiere, i fast food e tutto ciò che di norma attira il turismo di massa sono stati costretti a optare per altri luoghi, facendo di questa località un luogo estremamente incantevole.

Detto questo, dalla mia prospettiva, adesso non manca nulla per rendere il Canada il luogo in cui voglio decisamente vivere.