"Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro pensiero."
(Giacomo Leopardi)



"In pratica le persone che mi vogliono bene spesso non si accorgono infatti che il loro "ti appoggio" si trasforma in un "mi appoggio"
(Miranda Taten)



giovedì 30 agosto 2012

Blu Rivoluzionario

Ricordati di me quando me ne sarò andata,
partita per sempre nella terra del silenzio;
Quando non potrai più tenermi per mano
né io, pur volgendomi per andare, restare.

Ricordati di me quando, giorno dopo giorno,
non potrai più parlarmi
del futuro che avevi pensato per noi:
solo ricordati di me; sai che sarà tardi allora
per chiedere consiglio o pregare.

Ma se il mio ricordo dovesse abbandonarti
per un poco
e poi di nuovo ti tornassi in mente,
non addolorarti,
poiché, se il buio e il disfacimento
lasciano vestigia dei pensieri che ho avuto,
è assai meglio che tu dimentichi e sorrida
anziché ricordare e rattristarti. (Christina Rossetti)

Original Gay continuava a fissarmi incredulo: “E dove te ne vai?”.
Nessuno lo sapeva, tanto meno io. Ad essere più precisi credevo di saperlo...ma...ma...ma...
Quando mi svegliai, una strana sensazione di appagamento mi pervase. Mà mà mà...mà come mai?
La guancia era in un lago caldo, e come tutti i laghi, le sue acque non erano salate, ma come l'eccezione che conferma la regola, putride e un po' melmose! In un sostantivo: la mia saliva. (La similiatudine dei laghi la dedico ovviamente alla mia coblogger, che approfitto per salutare: Ciao miaaaaa Deeeaaaaaaaa!!!!!!).
Ero ferma. Svampita, come una donna che di certo si chiama Paloma che è appena uscita dal bagno dell'aeroporto e muove la testa a scatti in tutte le direzioni perché cerca un volto amico rassicurante. Quello del marito?
Ero ferma. Ero ferma e i miei occhietti ancora rincoglioniti provavano a decifrare quei simbolini luminosi. Lettere? Lettere dell'alfabeto? Aeroporto? Aeroporto. Questa era l'unica parola sensata che quei stupidini riuscivano a sussurrare al mio cervello. Il mio cervello anche lui in quel frangente non pareva brillare e piuttosto che capire preferì tornare a perdersi nell'oblio. Per rassicurarsi si raccontò che essendo di origine cinese, quegli occhietti stupidini, di certo avevano interpretato male. Per fortuna la ragione stava di guardia e subito accortasi di quelle discrepanze intervenne gridandomi: “Guaaaaaaaaaardaaaaaaaa l`orolooooooooooogioooooooooooooo!!!”.
In quel momento, come Pinocchio col Gatto e la Volpe, decisi di seguire subito l'esempio del cervello, che si sa è il capo, e comunque in società più apprezzato del cuore, e optai per l'oblio.
La ragione però è una tosta, per cui mi costrinse a guardare in faccia la realtà...Mi ero addormentata di nuovo sul treno. Erano le sei di sera ed io ero in viaggio dalle quattro del pomeriggio, mi ero addormentata, quindi fatto il viaggio già due volte. A quel punto mi dividevano solo qualcosa come venti o venticinque minuti dal mio obbiettivo, più il tempo necessario sino a casa. Dunque se tutto fosse filato liscio sarei arrivata alle sette.
A quel punto iniziai a tremare chiedendomi se quando uno diventa pazzo inizi così. Alle sette, a casa. Io però ero GIÁ stremata...Poi, in un crescendo, qualcosa iniziò a stringere attorno al collo. Il suono della sveglia rimbombava già minaccioso nel mio piccolo orecchio: in pratica sarebbe successo da lì a poche ore DI NUOOOOOVOOOO!! Spiegai a Ragione che il punto non era solo arrivare a casa, che bisognava anche farsi la doccia, sfamarsi, quindi cucinare o preparare qualcosa. Questo naturalmente nel migliore dei casi. Insomma solo se saturno non fosse stato contro, e altri fenomeni scientifici che tutti noi ormai conosciamo. Mi chiese allora quando avrebbe suonato la sveglia: le quattro meno dieci. Rigorosamente del mattino. Ragione iniziò a piangere e io allora la presi in braccio e le accarezzai i capelli.

L'indomani agguerrita come Cucciolo ero alle 4:15, rigorosamente del mattino, già in cammino. Tutto procedeva bene ed ero riuscita a non addormentarmi sul treno. Certo c'era solo un po' di freddo e ciò nonostante fosse agosto, ma era ok. Io poi non sono una che rompe le balle e stressa, anzi mi adatto benissimo, si, benissiiiiiiiiiiiiiiiiiiimooooooooooooooAAAAAAAAA!!!
Ero caduta. Caduta a terra, stesa con la faccia a terra. Immobile. Il buio. Il freddo. Il giubbotto mi teneva stretta. Il cappello di lana era scivolato davanti quei stupidini cinesi che stavolta non erano stati attenti. Manco un'anima. Ok forse le anime c'erano, ma con “Ghost” ho imparato che la maggior parte non riesce a prendere le cose. In quel momento la COSA che giaceva sul pavimento ero io. Io piccola e blu. L'ironia della sorte aveva voluto che quel mattino indossassi proprio il giubbotto blu (da me chiamato “Blu Rivoluzionario” per motivi che capisco solo io), nonché l'unico che avessi, e che in quel momento spalmata sul marciapiede faceva di me una ridicola puffetta.
Il gelo, lo stupore o il dolore, o forse tutti e tre insieme (scusate questa formula la trovo in una pagina si e una no di un libro si e uno no che leggo: la volevo usare anche io!!), mi fecero restare là distesa sino a che un “AAAAAAAAAAARRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRrrrrrrr!” uscì dalla mia bocca rimbombando ovunque. Mi misi in piedi, e questa volta la lacrima che uscì dal mio occhi non aveva niente a che vedere con la ragione.




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