Capita proprio così. Almeno, nella mia vita. Per anni, per mesi mi
sono ripetuta che avrei dovuto riprenderla quella tesi scritta con Passione,
Amore per la ricerca, per l’analisi, per la lettura. Eppure, ogni volta che l’osservavo
sullo scaffale della mia libreria, della mia nuova vita, nella mia nuova casa,
nella mia nuova città, del mio nuovo Paese, era sempre la stessa storia. I
battiti del mio cuore acceleravano come quando ci si sente in colpa nel non
riuscire a mantenere una promessa fatta a un bambino e non si sa quali parole
scegliere per comunicargli la brutta notizia.
Il confronto può apparire esagerato. Non lo è. Perché quando
qualcosa nasce dall’Amore, dalla Passione ed é nutrita con onestà intellettuale,
quell’opera è un’opera d’arte della tua vita. È ciò che ti ha tenuto compagnia
per un periodo più o meno lungo...qualcosa che, nella migliore delle ipotesi,
ti ha aiutato a provare la GIOIA.
Oggi ho trovato il coraggio di aprire quella copertina...di leggere
quelle parole, le mie parole e, con mio
grande stupore, provare la stessa identica emozione di cinque anni fa. Forse
non sarò mai una scrittrice famosa. Ma...sono e sarò una scrittrice di cuore.
"The Ghost of Tom Joad
nell’America di Bruce Springsteen
Claudia
Buscemi Prestigiacomo
INTRODUZIONE
Alla
luce della domanda che mi è stata più volte posta sul perché avessi scelto un
cantante come autore da analizzare, in questa introduzione è mia intenzione
spiegare, innanzitutto, cosa mi abbia spinto in questa direzione.
In primo luogo, sicuramente, a
prevalere è stato il forte desiderio di mettermi alla prova.
La tesi di Laurea,
ai miei occhi, si è trasformata nella prima vera opportunità di mettere a
frutto quanto appreso in questi anni di studio. Di fatto, la tesi è la prima
occasione, per uno studente universitario, per conoscersi e farsi conoscere
realmente; è la prima, e forse ultima, occasione in cui ci si ritrova dall’
“altro lato”. Per la prima volta si è autori di un testo che verrà analizzato,
e dinanzi al quale si ha la responsabilità di esprimere nel modo migliore dei
concetti che, a partire dalla propria mente, devono trovare espressione nelle
parole. La letteratura mi insegna quanto ardua sia questa impresa.
Alla
luce di quanto fin qua detto, era, dunque, necessario per me scegliere un
argomento, un autore, un testo che mi desse la possibilità di dar vita ad una
serie di analisi, in un certo senso, inedite. Un argomento che mi offrisse sì
sufficiente materiale bibliografico, ma, soprattutto, piccole tracce da
sviluppare, piccole fonti nelle quali immergermi completamente, per poi uscirne
con una nuova consapevolezza: aver provato per una volta ad annullare
completamente il mio essere e aver guardato il mondo con gli occhi di un’altra
persona.
Bruce
Springsteen è entrato un po’ per caso nella lista delle mie preferenze e, dopo
aver ipotizzato vari sviluppi a seconda dei testi presi in considerazione, mi è
parso un buon argomento per il mio lavoro. Non si tratta naturalmente di
analizzare Springsteen e i suoi testi in generale, impresa che richiederebbe
anni di studio, ma si tratta di un piccolo approccio alla visione del mondo di
questo cantautore, soprattutto nei confronti di uno solo, tra i tanti, degli
argomenti da questi affrontati nell’arco della sua lunga carriera: il viaggio
dell’uomo alla ricerca di una “Promised Land” che, forse per sempre, gli verrà
negata dalla stessa Storia.
Quale miglior esempio dell’album The Ghost of Tom Joad?
All’inizio
del mio lavoro, pur avvertendone le potenzialità, non sapevo esattamente in che
tipo di universo avrei cominciato a viaggiare. Non sapevo esattamente verso
cosa mi avrebbero portato le analisi dei suoi testi. Le mie perplessità sono
state presto superate, soppiantate da emozioni forti e riflessioni importanti.
La musica e, soprattutto, i testi letti e riletti mi hanno catapultata in un
universo del quale non si può non tenere conto. Mi hanno fatto vedere realmente
ciò che accade oltre il muro della normalità che cinge solitamente le nostre
case mentali.
I
testi analizzati, la ricerca delle fonti cui Springsteen ha attinto, la lettura
ed analisi di quest’ultime hanno finito col segnare la mia stessa
consapevolezza: tutti siamo in grado di parlare dell’esistenza di realtà amare,
di emarginazione sociale e razziale, di povertà e crolli dell’economia.
Tuttavia, pochi, nel quotidiano (e forse è pure normale che sia così),
riusciamo a mantenere tale lucidità, riusciamo a spingerci oltre la sola consapevolezza
dell’esistenza di realtà altre rispetto alle nostre.
The Ghost of Tom Joad è un album che ha
lasciato un segno indelebile sulla mia persona. La verità è che se all’inizio
del mio lavoro pensavo di riuscire a vedere il mondo con gli occhi dell’autore,
alla fine di questo mi sono ritrovata a guardare il mondo con gli occhi di
migliaia di persone, quelle stesse cui Springsteen ha concesso un momento di
“gloria” o, semplicemente, l’opportunità di ricordare al resto del mondo della
loro triste esistenza. Alla fine, alla visione di un universo parallelo si è
aggiunta la sofferenza nel provare il loro dolore, la loro frustrazione,
quell’amara tristezza che attanaglia l’anima quando si è consapevoli di subire
un’ingiustizia ed altrettanto consapevoli che ciò interessa solamente a pochi.
L’album
in questione, infatti, nacque dal profondo desiderio di Springsteen di
comprendere e far conoscere realtà spesso ignorate. Nacque dal bisogno di
analizzare le dinamiche che sottendono certe realtà sociali che vanno a minare
il terreno su cui poggia quell’idea, largamente diffusa, che vede negli Stati
Uniti il luogo in cui la realizzazione di ogni sogno è alla portata di chiunque
sia armato di buona volontà.
Tale
indiscutibile sensibilità verso la realtà contemporanea emerge già nella scelta
del titolo dell’album. Infatti, a partire dalla citazione di un personaggio
della letteratura, il Tom Joad del premio nobel Steinbeck, Springsteen ha dato
vita ad un’ opera dai risvolti sociali notevoli.
Per il modo in cui le varie tematiche
vengono affrontate e per la natura delle stesse, Tom Joad finisce con
l’assurgere a simbolo di una condizione umana, simbolo dell’uomo contemporaneo
costretto a lottare per il rispetto totale della sua dignità. Diviene simbolo
della lotta per la propria tutela, innanzitutto, in qualità di essere umano, in
una realtà, come avremo modo di vedere, in cui può essere negato finanche il più “piccolo” dei diritti:
l’appartenenza totale a una comunità.
Bruce
Springsteen dunque, riprendendo un personaggio della letteratura vissuto nel
periodo della Grande Depressione, ne ripropone il viaggio in un’ambientazione
contemporanea. Tale “viaggio” lo porta a mettere in luce le storie cupe ed
amare di uomini che, per un motivo o per un altro, si ritrovano a vivere ai
margini della società. Le storie di uomini che, per motivi diversi,
rappresentano l’altra faccia del “Mito Americano”, del quale, di conseguenza,
vengono implicitamente sottolineate tutte le contraddizioni.
Una delle cose
sicuramente più interessanti, al di là della profondità dei temi trattati, è il
ricorso da parte dell’artista a numerose fonti di natura diversa e,
soprattutto, la rielaborazione ed attualizzazione di queste per i propri fini.
In tal modo, ci si ritrova in un
universo popolato da clandestini messicani, xenofobi, uomini che hanno
partecipato attivamente alla realizzazione del “Mito Americano” e che,
improvvisamente, per “oscure” dinamiche economiche, ne sono stati tagliati
fuori.
E ciò che più conta, come già
accennato, è che non si tratta di personaggi nati dalla fantasia o dagli incubi
di un artista, ma di uomini e donne, i cui volti sono facilmente rintracciabili
ripercorrendo a ritroso le stesse fonti considerate da Springsteen.
In altre parole,
come Tom Joad di Steinbeck non è altro che uno dei tanti uomini conosciuti da
quell’autore durante una sua ricerca sul campo, similmente i personaggi di
Springsteen sono i figli, in carne ed ossa, di un Paese che, ad un certo punto,
li ha considerati “di troppo”. Sono uomini con un’identità precisa e le cui
vite non hanno bisogno di essere rese “speciali” dal pennello magico di un
artista che ha, ampiamente, dimostrato di saper mantenere il suo sguardo fisso
su un paesaggio eterogeneo quale quello statunitense.
The Ghost of Tom Joad, dunque, è il ritratto tanto amaro
quanto realistico di una realtà, che la sensibilità di Springsteen ha saputo
rappresentare in tutte le sue sfumature, con una chiarezza e semplicità
disarmanti. Encomiabile è anche il fatto che, per poter fare tutto ciò, l’artista
ha deciso di sparire dietro le figure dei tanti protagonisti, lasciando a
questi stessi il triste compito di narrare la propria storia in una prima
persona, che, però, pur nulla togliendo alla loro individualità, si carica di
una valenza sociale non indifferente, raggruppando in sé la storia di centinaia
come loro, i quali dalla speranza di poter vivere nella magica terra di
“Utopia” si sono ritrovati catapultati nel suo opposto: la distopia, l’incubo,
l’incertezza.