Un paio di sere fa, dopo circa due anni di attesa e inutili richieste da parte mia, abbiamo visto il film Nuovo Mondo di Crialese che, per chi non lo sapesse, affronta il tema dell’emigrazione ai primi del Novecento focalizzandosi prevalentemente sull’aspetto del viaggio e dello sbarco a Ellis Island.
Ora, non per essere scortese, poiché questo post non vuole essere un saggio critico né una recensione del suddetto, chi non lo conoscesse, ma desideroso di ulteriori dettagli, è pregato di cliccare sulla barra in alto un http://www.ilmotorediricercachepreferisce.it/ e cercarsi tutti i dettagli del caso.
Nuovo Mondo, dicevamo. Molti di voi sanno già che il passo che ci accingiamo a compiere ci rende, al momento, molto più vicini ai protagonisti del suddetto film piuttosto che allo skipper del nostro attuale sindaco in carica si spera uscentesenonproprioingalerante.
Inutile dire che sin dal momento in cui Alessandro ha pigiato l’enter del telecomando, io e tutti i miei neuroni ci siamo calati nel personaggio e abbiamo intrapreso quel viaggio assieme a tutti gli attori del film.
Devo dire che un po’ per la mia stessa natura, un po’ per via delle recentissime esperienze immedesimarmi in quelle prime scene focalizzate sul pellegrinaggio alla “marunnuzza” per chiedere consiglio sul da farsi, non è stato un’ardua impresa.
Del resto il 4 Settembre e conseguente pellegrinaggio al santuario di Santa Rosalia (patrona di Palermo e dei suoi abitanti) ci hanno lasciati da poco. Pure io l’ho fatto. A Montepellegrino ci sono andata e mi son portata pure Ale. A onor del vero è un qualcosa che ho fatto spesso nel corso degli anni e non tanto per una questione religiosa, quanto come momento di aggregazione sociale con gli abitanti della mia città…possibilmente i più sfigati. Quest’anno ha assunto però un valore diverso. Primo perché ho convinto Alessandro a fare questa esperienza; secondo, perché la volevo guardare in faccia la mia amica Rosalia per salutarla e invitarla a venirci a trovare a Toronto quanto prima.
In realtà, io già lo sapevo, lei a Toronto ci va ogni anno. I primi di Giugno per l’esattezza, quando il sig. Ferrante, palermitano di Borgo Ulivia diventato torontoniano (è bene che anche voi cominciate a familiarizzare con certi vocaboli!) e proprietario di un Canadian caseificio ( unni si fa un chiiiss, per l’esattezza!), organizza il Festino di Santa Rosalia con tanto di banda, fuochi d’artificio e dolci tutto pagato di suo. Di fatto, una volta entrata nella grotta del santuario mi è sembrato di cogliere uno sguardo di autosufficienza negli occhi di Rosy che, con la tenerezza di chi ti considera un deficiente, mi ha fatto capire che non dovevo preoccuparmi perché lei di sicuro sarebbe venuta a farci visita.
Tornando al film, quindi, è chiaro adesso anche per voi che l’immedesimazione immediata era d’obbligo. La famiglia protagonista parte alla volta di Ellis Island a bordo di una nave, in quarta classe e con nulla se non la speranza di trovare davvero, in quel Nuovo Mondo, alberi che producano denaro e galline gigantesche (ai tempi era fantascienza, oggi è realtà ricorrendo al transgenico, che non è il transessuale!).
Noi, dal canto nostro, partiremo con l’aereo per il quale non abbiamo ancora prenotato i biglietti. Mancando la quarta classe, infatti, aspettiamo di scoprire se servono spingitori di carrelli, salutatori di passeggeri, chieditori di “caffèotè?” per risparmiare magari sul costo totale. Me l’immagino Maia con la minidivisa arancione catarifrangente mentre carica i bagagli in stiva! E per fortuna, abbiamo imparato dalla storia di Pinocchio che gli alberi di monete non esistono come vorrebbero farci credere il gatto e la volpe…
Raggomitolata su me stessa ho seguito con la dovuta palpitazione ogni attimo della vicenda di quella famiglia di Petralia (a suttana) immedesimandomi (e devo dire che non mi risultava troppo difficile!) nel timore o terrore che trasudava dai loro sguardi. L’unica cosa era che, di tanto in tanto, la visione del film veniva disturbata da uno squillante ridolino alle mie spalle. Maia dormiva già. Lorenzo era già a letto. Ale era troppo impegnato nello stesso processo di immedesimazione. Quindi? Mi volto e chi trovo seduti sul davanzale della finestra alle mie spalle? I FOLLETTI DELLA MIA FANTASIA!!!!!!!
Quanto tempo dall’ultima volta che ci siamo incontrati! Mi guardavano e sghignazzavano, dandosi pacchette sulle miniginocchia e dondolando avanti e indietro i loro minibusti. Ogni qualvolta sembrava stessero per smettere era sufficiente che uno di loro mi indicasse col minindice, perché tutti riprendessero a sghignazzare.
Cercando di comprendere il motivo di sì tanta ilarità ho deciso di chiedere a quello che mi pareva essere il più saggio (in base alla lunghezza dei minidredd che gli scendevano dalla testa) cosa del film li facesse morir dal ridere.
“Zabadelfimmmmmcredituchenoirittttiaaammmo? Matataliatu?” (“Credi che ridiamo per il film? Ma ti sei guardata?”… quello “Zaba” sta per “ma sei davvero così ingenua da pensare che dei folletti con minidredd e pantaloni alla zuava possano essere così idioti da sorridere dinnanzi a un film di questa portata?”). La mia risposta è stata l’unica possibile: “Matutataliatutu?” (“Ma tu ti sei guardato?”)
In definitiva, ciò che è venuto fuori è che fossi io il motivo di tanto diletto e presto mi fu spiegato anche il perché. Ma questa è un ‘altra storia!
(… continua …)
Ora, non per essere scortese, poiché questo post non vuole essere un saggio critico né una recensione del suddetto, chi non lo conoscesse, ma desideroso di ulteriori dettagli, è pregato di cliccare sulla barra in alto un http://www.ilmotorediricercachepreferisce.it/ e cercarsi tutti i dettagli del caso.
Nuovo Mondo, dicevamo. Molti di voi sanno già che il passo che ci accingiamo a compiere ci rende, al momento, molto più vicini ai protagonisti del suddetto film piuttosto che allo skipper del nostro attuale sindaco in carica si spera uscentesenonproprioingalerante.
Inutile dire che sin dal momento in cui Alessandro ha pigiato l’enter del telecomando, io e tutti i miei neuroni ci siamo calati nel personaggio e abbiamo intrapreso quel viaggio assieme a tutti gli attori del film.
Devo dire che un po’ per la mia stessa natura, un po’ per via delle recentissime esperienze immedesimarmi in quelle prime scene focalizzate sul pellegrinaggio alla “marunnuzza” per chiedere consiglio sul da farsi, non è stato un’ardua impresa.
Del resto il 4 Settembre e conseguente pellegrinaggio al santuario di Santa Rosalia (patrona di Palermo e dei suoi abitanti) ci hanno lasciati da poco. Pure io l’ho fatto. A Montepellegrino ci sono andata e mi son portata pure Ale. A onor del vero è un qualcosa che ho fatto spesso nel corso degli anni e non tanto per una questione religiosa, quanto come momento di aggregazione sociale con gli abitanti della mia città…possibilmente i più sfigati. Quest’anno ha assunto però un valore diverso. Primo perché ho convinto Alessandro a fare questa esperienza; secondo, perché la volevo guardare in faccia la mia amica Rosalia per salutarla e invitarla a venirci a trovare a Toronto quanto prima.
In realtà, io già lo sapevo, lei a Toronto ci va ogni anno. I primi di Giugno per l’esattezza, quando il sig. Ferrante, palermitano di Borgo Ulivia diventato torontoniano (è bene che anche voi cominciate a familiarizzare con certi vocaboli!) e proprietario di un Canadian caseificio ( unni si fa un chiiiss, per l’esattezza!), organizza il Festino di Santa Rosalia con tanto di banda, fuochi d’artificio e dolci tutto pagato di suo. Di fatto, una volta entrata nella grotta del santuario mi è sembrato di cogliere uno sguardo di autosufficienza negli occhi di Rosy che, con la tenerezza di chi ti considera un deficiente, mi ha fatto capire che non dovevo preoccuparmi perché lei di sicuro sarebbe venuta a farci visita.
Tornando al film, quindi, è chiaro adesso anche per voi che l’immedesimazione immediata era d’obbligo. La famiglia protagonista parte alla volta di Ellis Island a bordo di una nave, in quarta classe e con nulla se non la speranza di trovare davvero, in quel Nuovo Mondo, alberi che producano denaro e galline gigantesche (ai tempi era fantascienza, oggi è realtà ricorrendo al transgenico, che non è il transessuale!).
Noi, dal canto nostro, partiremo con l’aereo per il quale non abbiamo ancora prenotato i biglietti. Mancando la quarta classe, infatti, aspettiamo di scoprire se servono spingitori di carrelli, salutatori di passeggeri, chieditori di “caffèotè?” per risparmiare magari sul costo totale. Me l’immagino Maia con la minidivisa arancione catarifrangente mentre carica i bagagli in stiva! E per fortuna, abbiamo imparato dalla storia di Pinocchio che gli alberi di monete non esistono come vorrebbero farci credere il gatto e la volpe…
Raggomitolata su me stessa ho seguito con la dovuta palpitazione ogni attimo della vicenda di quella famiglia di Petralia (a suttana) immedesimandomi (e devo dire che non mi risultava troppo difficile!) nel timore o terrore che trasudava dai loro sguardi. L’unica cosa era che, di tanto in tanto, la visione del film veniva disturbata da uno squillante ridolino alle mie spalle. Maia dormiva già. Lorenzo era già a letto. Ale era troppo impegnato nello stesso processo di immedesimazione. Quindi? Mi volto e chi trovo seduti sul davanzale della finestra alle mie spalle? I FOLLETTI DELLA MIA FANTASIA!!!!!!!
Quanto tempo dall’ultima volta che ci siamo incontrati! Mi guardavano e sghignazzavano, dandosi pacchette sulle miniginocchia e dondolando avanti e indietro i loro minibusti. Ogni qualvolta sembrava stessero per smettere era sufficiente che uno di loro mi indicasse col minindice, perché tutti riprendessero a sghignazzare.
Cercando di comprendere il motivo di sì tanta ilarità ho deciso di chiedere a quello che mi pareva essere il più saggio (in base alla lunghezza dei minidredd che gli scendevano dalla testa) cosa del film li facesse morir dal ridere.
“Zabadelfimmmmmcredituchenoirittttiaaammmo? Matataliatu?” (“Credi che ridiamo per il film? Ma ti sei guardata?”… quello “Zaba” sta per “ma sei davvero così ingenua da pensare che dei folletti con minidredd e pantaloni alla zuava possano essere così idioti da sorridere dinnanzi a un film di questa portata?”). La mia risposta è stata l’unica possibile: “Matutataliatutu?” (“Ma tu ti sei guardato?”)
In definitiva, ciò che è venuto fuori è che fossi io il motivo di tanto diletto e presto mi fu spiegato anche il perché. Ma questa è un ‘altra storia!
(… continua …)