"Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro pensiero."
(Giacomo Leopardi)



"In pratica le persone che mi vogliono bene spesso non si accorgono infatti che il loro "ti appoggio" si trasforma in un "mi appoggio"
(Miranda Taten)



lunedì 10 dicembre 2007

Di "impiccicamenti" e "sputacchini" visto da Satiri...Khan

Ieri, essendo la giornata tutto sommato serena, decisi di portare mio figlio a fare una passeggiata in bicicletta.

Approfittando dunque delle tipiche “correnti eoliche” padano-sicule, decisi di godermi una delle nuovissime piste ciclabili realizzate lungo gli argini del fiume Oreto (il Kemonia era fuori mano).

Non riuscii a nascondere il mio stupore dinanzi a cotanto splendore e così, mentre flotte di topi e cacche zampettavano a destra e a manca rendendo lo scenario quasi fiabesco, mi ritrovai dinanzi ad una gigantesca parete bianca.

Sì, era bianca come la neve appena caduta da cielo.

Bianca, nonostante l’ormai noto “inquinamento provocato dall’eccessivo uso degli impianti di riscaldamento” cui ricorre molta della popolazione per affrontare, l’universalmente noto, “clima rigido” della nostra isola padano-sicula.

Mentre le grida felici dei bambini che giocavano con le pantegane e le blatte si diffondeano nell’aere aulente suscitando gioia profonda finanche negli animi più freddi, scorsi dinanzi a me un grande pennello.

Sebbene la mia mente mi avesse riportata immediatamente ad una vecchia pubblicità televisiva che sovente guardavo quando ancor piccina, dovetti prender atto che non trattatavasi del “Grande pennello Cinghiale”, ma del Grande Pennello di …Ale.

Costui, infatti, assieme ad un altro simpatico operaio, il cui nome “Ino” altro non è se non il diminutivo di “Mr Supposto Sputacch…Ino”, stavano “impicciando” gigantesche locandine che avvertivano dell’imminente arrivo in città dello strepitoso e fuori programma “Tendone Burlone”.

Trattavasi di una sorta di teatro itinerante dell’ancor troppo poco nota “Compagnia dei Copiatori”.

Questi, tra piroette, salti mortali e passeggiate lungo un filo sottile (quello tra il dramma e la farsa), promettevano un divertimento assicurato.

Come potevo non concedere a mio figlio l’onore di assistere ad un così promettente spettacolo?

Non ci pensai due volte ed acquistai, da un piccolo, gobbo pagliaccetto, due biglietti per la prima fila.

“Attenzione Signore e Signori, è mio piacere presentarvi la Compagnia dei Copiatori!”, cominciò il presentatore.

A quel punto, tra parassiti addestrati e scimmiotte saltellanti, fece il suo ingresso la “squadra dei copianti”.

Reggea ognun di essi una tastiera, un secchio di “copia” ed uno di “incolla”.

“REFUSI, REFUSI”, gridava il più vecchio sperando che il pubblico fosse pieno di OTTUSI.

“Se il nostro spettacolo volete guardare”, disse un Artista d'indubbia maestria, “dovete innanzitutto saper copiare”.

“Ecco un “Copia” ed un “Incolla” che manderàn in delirio tutta la folla!”

A quel punto, milioni di blatte luccicanti fecero il loro ingresso trionfale in pista trainando una biga alata il cui cocchiere sfavillante tenea il viso ben nascosto da una maschera di rame…

Omini nelle vesti di angeliche fanciulle gettavano al suo cospetto pugni di petali secchi; mentre una processione di puttini sputacchini alati diffondea nell’aria eccitata, fumi d’essenza di marcio.

Inutile dirvi quale stupore, quale meraviglia.

Inutile, anche, trattenere le manine di mio figlio che battevano felici dinanzi a cotanto splendore.

Ci furono i giocolieri, gli animali ammaestrati e, per finire, gli appelli accorati di chi volea far capire che chi comanda può anche mentire.

E’stato un sogno, amici miei, scoprire che l’Arte esiste ancora.

E’ stato ancor più bello svegliarmi e scoprire che nella notte la bicicletta m’avean rubata.

Se dalle vostre parti dovesse far capolino il Tendone Burlone, non esitate, sarà un’emozione!

Non me ne abbiate, amici miei cari, se di stupore faccio poesia

Ricordo che ancor piccina una Maestra solìa

Dirmi con tanto ardore,

“Chi saggio vuol diventare mai deve copiare”

Eran queste le sue parole.

Ed oggi cosa accade?

Il mondo cambia e imparo nuove cose

“Se da soli non riusciamo a studiare, va bene pure copiare”.

E mi rattrista e mi scoraggia e, a volte,

mi fa pur provare rabbia.

Ma apprendo la lezione e

Saluto con emozione

Chi dell’arte di studiare, un tempo

Dono mi volle fare.

E rifletto con tristezza su colui che con destrezza

Vuole dirmi ad alta voce

Che copiar mai nuoce!

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