"Odio la vile prudenza che ci agghiaccia e lega e rende incapaci d'ogni grande azione, riducendoci come animali che attendono tranquillamente alla conservazione di questa infelice vita senz'altro pensiero."
(Giacomo Leopardi)



"In pratica le persone che mi vogliono bene spesso non si accorgono infatti che il loro "ti appoggio" si trasforma in un "mi appoggio"
(Miranda Taten)



mercoledì 24 ottobre 2012

Allora ragazzi, dove eravamo rimasti? Ho già raccontato del fottuto armadio??
No? Meno male, perchè quello è davvero un segreto. Mi scuso già in anticipo per un eventuale linguaggio scurrile e boccaccesco, ma oggi ho messo il cappello della Family Guy, e quando io indosso il cappello della Family Guy, sono un po' irrispettosa delle regole.

Dunque leggo dal mio diario: “Bisogna che sappiate che io saldo sempre i conti”.
Domande? Io si! Uno: il plurale è in proiezione dei posteri? Due: forse si trattava di una citazione musicale? 

 

scriverò ancora...

domenica 16 settembre 2012

Momenti in the Promised Land

A ritmo di musica il mio cervello stava registrando la nuova informazione...piano piano per non shockarmi di botto.
Poi il messaggio arrivò e con lui il dolore. Il dolore che esplose incendiandomi, ma questo lo sapevo solo io: il mio viso non si scompose di una virgola. Ma perchè era accaduto? Si sa che la vita è fatta di momenti e uno di questi era stato dolorosissimo. In uno slancio di amore cosmico infatti il mio amico mi aveva stretta velocemente a se, ma non abbracciandomi diciamo frontalmente, piuttosto di lato, veloce, intensamente e...con forza. Ecco si con forza. Con forza stava, durante quell`attimo lunghissimo e intenso, schiacciando il mio orecchio, anzi no!, il mio piercing non ancora del tutto cicatrizzato contro la sua pancia, dove orecchio sta a pancia come un metro e 80vogliadicrescere sta a 2 m. Punto.
Poi mi venne in mente uno dei momenti più FantozziAni, oltre che MiraBili della mia vita...

...si trattava di una delle manifestazioni culturali più attese e più discusse dell`universo e io ero là!! Wow!!! Io ero là e mi sembrava così inverosimile che credetti di volare...Poi capii che stava accadendo davvero, stavo davvero volando...Volando da quella sorta di palchetto su cui mi ero arrampicata per riuscire a vedere cosa stesse succedendo (ovvero l`evento stesso) e inoltre non farmi schiacciare dalla folla inferocita.
Insomma caddi. Accadeva mentre saltellavo su quel palchetto cantandomi allegra:

 
Poi tutto accadde velocemente ed ecco che vissi l`attimo di nuovo: un piedino per vendicarsi della zeppa alta dello stivale in cui lo avevo stipato, o forse stufo delle mie manie di egocentrismo cercò di darsela a gambe (a gambe! un piedino!! Ahahahahahah!!), e...Slop Slap (=immaginate uno schiocco di lingua!) ho fatto un volo che nonostante lo smarrimento feci subito accompagnare dalla traccia“...I belive I can flyyyyyyyy...I believe I can touch the skyyyyyy...” cantata da me. 



Poi rovinai al suolo: “Whatever I said, whatever I did, I didn't mean it...I just want you back for good... Whenever I'm wrong, just tell me the song and I'll sing it...I want you back for good...” dei Take That.


Naturalmente non riuscii subito ad alzarmi, congestionata dal freddo com`ero: scivolai ripetutamente con disinvoltura. Quel tipo di disinvoltura che può sfoggiare solo uno che potrebbe chiamarsi Benito e vive secondo il motto: se la realtà vera non ti ama tu tradiscila con una realtà parallela tutta tua. Oppure secondo il detto: mangia ogni mela pensando che sia una banana, e presto o poi diverrà realtà! O ancora: guardati allo specchio e ignora ciò che vedi, è come ti senti che conta; inoltre non puzzi neppure tanto.
D`un tratto capii che nessuno si era accorto di nulla, o almeno nessuno del gruppo cui facevo parte: a volte è proprio un bene che la gente sia cieca dinanzi la realtà. Solo una biondina laggiù stava per rovinare tutto...la mia bocca si aprì e...: “You say it best...When you say Nothing at aaaaaaaall...nnannnannnannannaaaaaaaaaaaaaa...”...


Ammaliata quando smisi di cantare aveva già scordato il motivo per cui aveva aperto bocca...

A casa non era tornato nessuno...credevo io. Mentre uscivo dalla mia camera uno di loro tornò: “Non è vero che eravamo tutti via. Non vedi le scarpe da uomo che stanno davanti la porta di lei?”.
Era vero. Feci retromarcia tastandomi il piercing ancora traumatizzato, tanto che al tocco delle mie dita si ritirò subito indietro, impaurito, per poi avvicinarsi piano piano. Pensai alla differenza tanto importante tra cool e uncool (not cool). Pensai alla mia idea cool di fare una foto tutti sul mio letto. Guardai il mio letto. Pensai a quanto fosse uncool il mio letto rotto che aveva ceduto sotto il peso di tutti noi...




venerdì 31 agosto 2012

Wrecking Ball, Toronto 2012. Diario di una serata





In attesa di assistere per la terza volta a un concerto di Bruce Springsteen, inevitabilmente, ho rivissuto molte delle tappe che nel 2007 mi portarono a laurearmi con una tesi prevalentemente concentrata su alcuni dei suoi testi e sulle scelte che lo portarono a “The Ghost of Tom Joad”.

Un periodo  ricco di emozioni e, di conseguenza, un’attesa ricca di emozioni quella che da Vaughan mi ha portata al Roger Center di Toronto.

Il biglietto riportava come orario d’inizio le 19:30. Al nostro arrivo, lo stadio era pressocché vuoto. Era ovvio che i Torontonians sapessero benissimo che lo spettacolo sarebbe cominciato almeno una mezz’ora dopo. Attesa. Un sorriso incontrollabile  nel guardarmi intorno e nel cercare di comprendere quale fosse l’età media degli spettatori. È solo un’opinione ma mi pare che, da questa, a un concerto si possano dedurre tante cose sull’artista stesso.

Un pubblico non giovanissimo attendeva sorridente l’inizio dello spettacolo. Sebbene un po’ in ritardo, il pubblico composto continuava a bere birra, scattare foto. Un bel po’ di capelli brizzolati e “rughe d’espressione”, di jeans dal taglio non proprio moderno e di genitori con figli ventenni al seguito facevano da sfondo a una simpatica atmosfera che, di tanto in tanto, mi pizzicava l’anima.

Elegante, simpatico, discreto e travolgente è arrivato sul palco un Bruce Springsteen il quale ha immediatamente annunciato le sue intenzioni per il resto della serata: “We’re going to have a party!”
 

È fuor di dubbio che lo spettacolo sia stato una vera e propria festa...una di quelle che riescono talmente bene che alla fine ci si sente soddisfatti, sazi, appagati. Nessuno si aspettava, ma tutti speravano, che lo spettacolo durasse circa 3 ore e 40. Ad essere sincera, tenendo conto che Springsteen ha cominciato a correre e saltare sul palco sin dalla prima canzone, io ero quasi certa che non ce l’avrebbe fatta a tenere quel ritmo per troppo tempo. Mi sbagliavo.

Il concerto è stato davvero una festa. A detta di Ale, che qualche mese fa era andato assieme a Lorenzo ad assistere al concerto di Buffalo (USA), i due spettacoli, pur appartenendo allo stesso tour, sono stati portati avanti con tensioni emotive assolutamente differenti. Quello statunitense carico di tensione, una sorta di “pesantezza” determinata dall’assoluta immedesimazione con i testi delle canzoni. Chi conosce Bruce Springsteen sa che, nella maggior parte dei casi, ci si imbatte con il rovescio della medaglia del “sogno americano”.

A Toronto, per quanto vicini di casa degli Stati Uniti d’America, l’atmosfera era assolutamente diversa. La voglia era evidentemente quella di divertire e, a mio parere, far rivivere a quella non più giovane schiera di spettatori la passione per il vecchio e sano rock.

Per quel che mi riguarda, tra i 3 concerti visti , Firenze 2001, Caserta 2006, Toronto 2012, quest’ultimo è stato il più classico e rock di tutti. Più di tre ore di concerto, con qualche canzone da me assolutamente sconosciuta (per esempio, Thunder Crack), hanno fatto sì che nella mia mente si profilasse l’opportunità di andarlo a vedere ancora e ancora.

Per quel che riguarda la mia esperienza canadese, inoltre, il concerto mi ha offerto un ulteriore punto di osservazione da un punto di vista prettamente antropologico: il canadese alle prese con il rock.
Il titolo di un saggio che mai scriverò sarebbe: “Un popolo e il rock. Storia di un’implosione emotiva con il sorriso a  32 denti!”


giovedì 30 agosto 2012

Blu Rivoluzionario

Ricordati di me quando me ne sarò andata,
partita per sempre nella terra del silenzio;
Quando non potrai più tenermi per mano
né io, pur volgendomi per andare, restare.

Ricordati di me quando, giorno dopo giorno,
non potrai più parlarmi
del futuro che avevi pensato per noi:
solo ricordati di me; sai che sarà tardi allora
per chiedere consiglio o pregare.

Ma se il mio ricordo dovesse abbandonarti
per un poco
e poi di nuovo ti tornassi in mente,
non addolorarti,
poiché, se il buio e il disfacimento
lasciano vestigia dei pensieri che ho avuto,
è assai meglio che tu dimentichi e sorrida
anziché ricordare e rattristarti. (Christina Rossetti)

Original Gay continuava a fissarmi incredulo: “E dove te ne vai?”.
Nessuno lo sapeva, tanto meno io. Ad essere più precisi credevo di saperlo...ma...ma...ma...
Quando mi svegliai, una strana sensazione di appagamento mi pervase. Mà mà mà...mà come mai?
La guancia era in un lago caldo, e come tutti i laghi, le sue acque non erano salate, ma come l'eccezione che conferma la regola, putride e un po' melmose! In un sostantivo: la mia saliva. (La similiatudine dei laghi la dedico ovviamente alla mia coblogger, che approfitto per salutare: Ciao miaaaaa Deeeaaaaaaaa!!!!!!).
Ero ferma. Svampita, come una donna che di certo si chiama Paloma che è appena uscita dal bagno dell'aeroporto e muove la testa a scatti in tutte le direzioni perché cerca un volto amico rassicurante. Quello del marito?
Ero ferma. Ero ferma e i miei occhietti ancora rincoglioniti provavano a decifrare quei simbolini luminosi. Lettere? Lettere dell'alfabeto? Aeroporto? Aeroporto. Questa era l'unica parola sensata che quei stupidini riuscivano a sussurrare al mio cervello. Il mio cervello anche lui in quel frangente non pareva brillare e piuttosto che capire preferì tornare a perdersi nell'oblio. Per rassicurarsi si raccontò che essendo di origine cinese, quegli occhietti stupidini, di certo avevano interpretato male. Per fortuna la ragione stava di guardia e subito accortasi di quelle discrepanze intervenne gridandomi: “Guaaaaaaaaaardaaaaaaaa l`orolooooooooooogioooooooooooooo!!!”.
In quel momento, come Pinocchio col Gatto e la Volpe, decisi di seguire subito l'esempio del cervello, che si sa è il capo, e comunque in società più apprezzato del cuore, e optai per l'oblio.
La ragione però è una tosta, per cui mi costrinse a guardare in faccia la realtà...Mi ero addormentata di nuovo sul treno. Erano le sei di sera ed io ero in viaggio dalle quattro del pomeriggio, mi ero addormentata, quindi fatto il viaggio già due volte. A quel punto mi dividevano solo qualcosa come venti o venticinque minuti dal mio obbiettivo, più il tempo necessario sino a casa. Dunque se tutto fosse filato liscio sarei arrivata alle sette.
A quel punto iniziai a tremare chiedendomi se quando uno diventa pazzo inizi così. Alle sette, a casa. Io però ero GIÁ stremata...Poi, in un crescendo, qualcosa iniziò a stringere attorno al collo. Il suono della sveglia rimbombava già minaccioso nel mio piccolo orecchio: in pratica sarebbe successo da lì a poche ore DI NUOOOOOVOOOO!! Spiegai a Ragione che il punto non era solo arrivare a casa, che bisognava anche farsi la doccia, sfamarsi, quindi cucinare o preparare qualcosa. Questo naturalmente nel migliore dei casi. Insomma solo se saturno non fosse stato contro, e altri fenomeni scientifici che tutti noi ormai conosciamo. Mi chiese allora quando avrebbe suonato la sveglia: le quattro meno dieci. Rigorosamente del mattino. Ragione iniziò a piangere e io allora la presi in braccio e le accarezzai i capelli.

L'indomani agguerrita come Cucciolo ero alle 4:15, rigorosamente del mattino, già in cammino. Tutto procedeva bene ed ero riuscita a non addormentarmi sul treno. Certo c'era solo un po' di freddo e ciò nonostante fosse agosto, ma era ok. Io poi non sono una che rompe le balle e stressa, anzi mi adatto benissimo, si, benissiiiiiiiiiiiiiiiiiiimooooooooooooooAAAAAAAAA!!!
Ero caduta. Caduta a terra, stesa con la faccia a terra. Immobile. Il buio. Il freddo. Il giubbotto mi teneva stretta. Il cappello di lana era scivolato davanti quei stupidini cinesi che stavolta non erano stati attenti. Manco un'anima. Ok forse le anime c'erano, ma con “Ghost” ho imparato che la maggior parte non riesce a prendere le cose. In quel momento la COSA che giaceva sul pavimento ero io. Io piccola e blu. L'ironia della sorte aveva voluto che quel mattino indossassi proprio il giubbotto blu (da me chiamato “Blu Rivoluzionario” per motivi che capisco solo io), nonché l'unico che avessi, e che in quel momento spalmata sul marciapiede faceva di me una ridicola puffetta.
Il gelo, lo stupore o il dolore, o forse tutti e tre insieme (scusate questa formula la trovo in una pagina si e una no di un libro si e uno no che leggo: la volevo usare anche io!!), mi fecero restare là distesa sino a che un “AAAAAAAAAAARRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRrrrrrrr!” uscì dalla mia bocca rimbombando ovunque. Mi misi in piedi, e questa volta la lacrima che uscì dal mio occhi non aveva niente a che vedere con la ragione.




il mio Canada...pagine di un diario estivo


Quando stavamo per trasferirci in Canada dalla Sicilia, una delle domande ricorrenti, dopo: “Il lavoro l’avete?”,  era: “Ma perché in un posto così freddo?”

Oggi, non essendo in vena di polemiche, non mi soffermerò su nessuna delle risposte date alle domande in alto. Al contrario, essendo di buon umore, mi sofferemerò su due aspetti fondamentali: il Canada agli occhi di un non canadese medio; il Canada agli occhi di un non canadese medio che vive in Canada (il gioco di parole è assolutamente voluto).

Per un amante di “gossip” culturale come me, avere l’opportunità di attingere informazioni direttamente alla fonte è un dono dalle proporzioni notevoli. Il Canada, infatti, grazie alla convivenza di persone provenienti un po’ da tutte le parti del mondo, ha dato l’opportunità alla mia stessa natura di trovare il proprio pane quotidiano fatto di aneddoti, storie di tradizioni ancestrali, luoghi comuni, etc...

Per fare degli esempi, ho avuto modo di sentire storie di emigrazioni (diverse dalla mia, quantomeno nelle modalità) dalla bocca dei diretti discendenti. Ho visto foto, ho capito come si organizza un matrimonio combinato in Sri Lanka, ho scoperto che in alcune parti della Colombia si mangiano le formiche arrostite, buone come un chicco di caffè tostato (se non fosse per le antenne e le zampe!); ho scoperto che l’acqua di un lago non necessariamente è verde melma o marrone fango e, per farla breve, ho un elenco infinito di cose da scoprire che voglio gustare lentamente ma con la stessa goduria che si prova nel leccare un cucchiaio pieno di nutella.

Un altro piccolo appunto, che cade a fagiuolo per ciò che mi riguarda, è che le targhe dell’Ontario, Provincia(che in Italia sarebbe più a metà tra una regione e uno stato) nella quale abbiamo deciso di vivere, recitano : “Yours to discover”. Io le ho prese in parola!

Il Canada agli occhi un non canadese medio che non vive in Canada è così:

Freddo. Con le camicie a scacchi. Pieno di verde. Gli orsi ti bussano alla porta. Il cielo è perennemente grigio. La temperatura in estate non sale al di sopra dei 5 gradi. I bambini poverini sentono sempre freddo  ma, nonostante tutto, li portano all’aria aperta per abituarli. Se sei emigrato, sei povero e affamato. I tuoi bambini, forse, anche un po’ sporchi e tristi. Non c’è il formaggio buono, non c’è la frutta buona, non ci sono vestiti belli, belle riviste, posti da visitare. Ci sono solo ghiaccio e neve. In Inverno fa buio presto e andare in macchina è pericolosissimo. La neve, a volte, supera i tetti delle case. È sempre meglio avere una buona scorta in casa di cibi in caso di emergenza. Ci sono tanti bellissimi laghi ma l’acqua è sempre melmosa. Chi più ne ha, più ne metta!

Il Canada agli occhi di un non canadese medio, che vive in Canada, è così:

Il Canada è enorme. Un Paese con 10 Province e 3 territori. Provincia che vai, clima che trovi! Per spiegare meglio ciò di cui parlo, oggi, vorrei usare due esempi specifici: una città in Nunavut attraverso le  foto di una mia gentilissima studentessa d’italiano la quale ha acconsentito affinché le usassi nel mio blog; una zona dell’Ontario (Bruce Peninsula) nella quale ho avuto l’immenso piacere di trascorrere uno di questi AFOSI weekend  dell’estate in Ontario.

Iqaluit, Nunavut

Iqaluit (il cui nome vuol dire “luogo con molti pesci” nella lingua inuktitut) è la capitale del Nunavut (in Inuktitut, “la nostra terra”). Lingue ufficiali: le inuit, inuktitut and inuinnaqtun, inglese e francese.

Da un tema  scritto da Patricia in italiano, ho capito che in Aprile ad Iqaluit c’era tanto freddo (-30, se non erro). Nonostante la neve, il ghiaccio, il freddo, gli abitanti del luogo organizzano eventi “sociali” che, nel suo caso, trattavasi di una gara di corsa con le slitte. I cani che si rifiutano di correre, in compenso, sanno sorridere!
 
 

Prima che arrivi l’autunno (guardare la foto che segue per comprenderne il motivo!)  si va in barca a fare la spesa per tutto l’anno (cereali,pasta, riso, etc...) e, una volta la settimana, un simpatico signore che riesce a pilotare un piccolo aereo porta sull’isola cibi deperibili.
 


 

Sauble Beach e Lion’s Head, South Bruce Peninsula, Ontario

Io, per ignoranza, rientravo tra quella schiera di persone convinte che l’acqua di un lago potesse soltanto essere melmosa, marrone, verdastra e, in una parola, inaccettabile per chi come me fosse abituato a un mare azzurro, verde smeraldo, limpido e cristallino (non ad Agosto e non dappertutto!).

Ebbene sì, devo ammetterlo! Quest’estate l’Ontario mi ha riservato un’altra grande sorpresa: l’acqua di un lago trasparente e cristallina. Un lago abbastanza grande da non far scorgere l’altra sponda e, dunque, dare la sensazione del mare con l’unica e sottolineo UNICA differenza di immergersi in acqua dolce.

 

A nord di Vaughan, che a sua volta è definita come “the city above Toronto”,  si trova una penisola (Bruce Peninsula) che, devo dire, è un posto assolutamente incantevole.

Un venerdi sera siamo partiti alla volta di Sauble Beach dove avremmo trascorso  un fine settimana in un Motel (che in Nord America è un po’ diverso da un Motel in Italia o in Brasile, a detta di alcuni cari amici). Il sabato mattina ci siamo svegliati in un posto incantevole, un po’ fuori dal tempo dove, a tratti, si ha la sensazione di essere in una sorta di “Casa nella prateria”.

A causa della mancanza di acqua pubblica e sistema fognario, le grandi catene alberghiere, i fast food e tutto ciò che di norma attira il turismo di massa sono stati costretti a optare per altri luoghi, facendo di questa località un luogo estremamente incantevole.

Detto questo, dalla mia prospettiva, adesso non manca nulla per rendere il Canada il luogo in cui voglio decisamente vivere.
 

venerdì 6 luglio 2012

Mi piace / Non mi piace


Mi piace quel momento perfetto in cui i fiocchi di neve cadono lenti e non si sente niente

Mi piace la Nutella

Mi piacciono le cose sorprendenti di tutti i giorni

Mi piace sognare

Mi piace quando l`amore ti arriva dagli occhi di chi ti guarda

Non mi piacciono i vigliacchi e le colombe

Non mi piace Nora Roberts

Mi piace l`odore del caffè e l`albero che mi sta di fronte mentre lo bevo

Mi piace uno spirito libero

Mi piace l`odore della primavera

Non mi piacciono le persone in cattiva fede, i depressi disurpatori

Non mi piacciono quelli che non pensano e non producono, che sono poi ladri di idee e schemi altrui

Non mi piace “ciò che vale per te non vale per me”

Non mi piace la noia

Mi piacciono la sfida e l`avventura

Mi piace sognare

Non mi piacciono i “io lo so come ti senti anche se non mi è mai successo”

Non mi piace il vuoto

Mi piace l`intelletto sveglio

Mi piace cogliere l`espressione di chi si tradisce e crede di no

Mi piace sapere ciò che gli altri credono un segreto

Mi piace Hannibal

Non mi piace Don Abbondio

Mi piacciono i Marillenknödel

Mi piace la panna montata

Non mi piacciono le vocali spalancate

Mi piace il gioco

Mi piace immergere un dito nella cera bollente e guardarla asciugare

Mi piace quando mi raccontano delle cose fatte insieme, e credono che in commercio ci siano T-Shirt con me stampata sopra

Mi piace credere che un giorno ci saranno T-Shirt con me stampata sopra

Mi piace sapere che il senso ci sia

Mi piace ignorare a volte quale sia il senso

Mi piace quando ride e poi dice “così”

Mi piace quando nella mia mente la vedo truccarsi

Mi piace una coccola

Non mi piace chi provoca rumori con intenzione

Non mi piace chi grida il tuo nome dalla stanza accanto aspettando che tu grida di rimando

Mi piace la luce che emana

Non mi piace andare in bagno e vedere un uomo col colbacco e senza pantaloni che ha dimenticato di chiudere la porta

Mi piace il temporale che è appena scoppiato

Non mi piace quando Claudia non si piace

Mi piace quando Claudia si piace

Mi piace quando riesco a piacermi

Non mi piace quando non mi piaccio

Non mi piace un comando

Mi piace la disciplina

Mi piace la gioia che provo quando la provo

Non mi piace la sopraffazione

Non mi piace “piangersiaddosso”

Mi piace capire

Mi piace a volte tutto

Mi piace quando amo tutti

Mi piace quando smetto di amare tutti e amo solo me

Mi piace che non mi piace “baciamo le mani”

Mi piace ridere mentre leggo “baciamo le mani”

Mi piace baciare...le mie mani

Mi piacciono le mani belle

Non mi piacciono le mani brutte

Mi piace “non mi piace”











mercoledì 4 luglio 2012

Mi Piace/Non mi piace




-Mi piace bere l’acqua quando sto morendo di sete

-Mi piace l’odore dell’olio al muschio bianco

-Mi piace vedere il disappunto nello sguardo e sulle labbra di un idiota che ho appena preso in contropiede

-Mi piace pensare di essere una persona buona

-Mi piace scoprire che la spiegazione appena fornita è stata assolutamente esauriente


-Non mi piace l’acqua tonica


-Non mi piace l’odore di frittura che sia avverte il giorno dopo


-Non mi piace il disappunto e l’amarezza che si provano quando un idiota, non  prende in contropiede ma, ha il coltello dalla parte del manico


-Non mi piace scoprirmi a dire una cosa cattiva

-Non mi piace la frustrazione che si prova quando la risposta perfetta da dare arriva sempre un attimo dopo


-Mi piace il profumo che i bambini fanno quando dormono

-Mi piace guardare le persone sedute in treno e immaginare i loro pensieri, la loro vita

-Mi piace la sicurezza della comprensione

-Mi piace la pianta che sfida il mio mancato police verde

-Mi piace fare addominali e glutei e sentirmi in pace con il mondo intero


-Non mi piace il profumo dei bambini che mentre dormivano hanno fatto cacca


-Non mi piace quel senso di fastidiosa noia che gli arroganti sanno suscitare


-Non mi piace parlare di “femmine con femmine; maschi con maschi”

-Mi piace parlare di tradizioni e trovare affinità a centinaia di chilometri di distanza


-Non mi piacciono coloro i quali hanno “ l’unico difetto di essere troppo buoni”


-Mi piace guardare una commedia e scoprire che alcune emozioni sono davvero universali


-Non mi piace dover pensare a cosa mangiare per cena


-Non mi piace perdere le staffe


-Non mi piace chi non sa dire “grazie”, “prego”, “per favore” a meno che non abbia ancora compiuto un anno

-Mi piace scoprire che le mie insicurezze spesso non sono solo mie


-Non mi piace chi mi ha dato ragione e nella vita fa esattamente il contrario


-Non mi piace aver dato ragione e scoprire che c’eravamo sbagliati in due


-Mi piace il Canada

-Non mi piace lo sciroppo d’acero


-Mi piace l’acero


-Non mi piacciono le persone rumorose, noiose, scontate, pedanti


Non mi piacciono quelli che “al primo sguardo, a pelle, so esattamente chi ho davanti”


-Non mi piacciono quelli che confondono la loro posizione con il diritto di offendere


-Mi piace l’ironia e un po’ di sarcasmo


-Non mi piacciono i sarcastici che non reggono l’ironia

-Mi piace dire che sono italiana a un canadese e che vivo in Canada a un italiano


-Mi piace che il nome di una Paese vada a lettera maiuscola e quello della nazionalità a lettera minuscola


-Mi piace che tutte le regole prevedano un’eccezione


-Non mi piacciono quelli che fanno dell’eccezione una regola


-Non mi piaccio

-Mi piaccio

venerdì 29 giugno 2012

La Storia di Teddy...Interazioni parentali :-)

Quando Lorenzo aveva un anno e la nostra vita sembrava dovesse essere "italiana" per sempre, eravamo soliti trascorrere tanto tempo insieme. Leggevamo libri (abbiamo cominciato alla sua tenera età di quattro mesi), ascoltavamo tanta musica e raccontavamo tante storie.
Un giorno, coricati sull' "isola", un tappeto ricoperto di plaid davanti al camino acceso di una freddissima casa, cominciammo a inventare una storia (Lorenzo aveva un anno e mezzo al massimo). C'era un fattore, c'erano degli animali, c'era un bicchiere di latte. Mancava un libro da leggere che, però, magicamente apparve tra le mie mani, fatto di ipotetiche pagine che, grazie all’ausilio della fantasia, Lorenzo riusciva a sfogliare. E ogni pagina aveva le sue parole, le sue immagini, i suoi nomi che per anni (più di cinque ormai) sono rimasti invariati, inalterati, inattacati e inattaccabili. La storia è diventata poi anche di Maia ma, per rispetto del co-autore Lorenzo, le parole sono rimaste invariate.
 Teddy (questo il nome del protagonista principale) è diventato parte integrante delle nostre vite.
Un paio di volte mi sono ripromessa di scrivere questa storia per presevarla da quella crescita che, inevitabilmente, finirà con il portarla fisicamente lontano da noi (più da Lorenzo e Maia che da Mamma Claudia).
Questa mattina, avendo la fortuna di poter lavorare da casa, sono rimasta con Lorenzo. La scuola è finita ieri e, in quanto primo giorno di vacanza, mi sono posta il problema morale di come far trascorrere il tempo a questo bambino senza piazzarlo davanti la televisione, davanti al nintendo, davanti alla WII.
Ancora una volta, Teddy mi è corso in aiuto. Ho mostrato a Lorenzo il blog e gli ho spiegato di cosa si trattasse e cosa ci consente di fare. Ho detto che quello era come un nostro libro, un diario nel quale possiamo condividere le nostre storie.
Avevo già fatto un disegno nel quale c'erano un cane, un cappello, un albero e un bicchiere e gli ho chiesto cosa ci vedesse. La risposta è stata: "Questa è la storia di Teddy!"
 Inevitabilmente ho sorriso e mi sono emozionata. Il sorriso è diventato riso quando Lorenzo ha aggiunto: "Mamma, però io Teddy lo immaginavo piu' simile a Snoopy!"
Lì ho capito che era giunto il momento di chiedere a mio figlio di fare un disegno di questa storia...e i risultati, dal confronto tra il mio e il suo, per me sono estremamente interessanti. Nei punti in comune e nelle diverse evoluzioni.

“La Storia di Teddy”

C’era una volta un cagnolino di nome Teddy il quale, avendo molta sete e fame, decise di andare alla stalla della Mucca MooH per prendere un bicchiere di latte.
Il fattore, a un certo punto, decise anch’egli di andare alla stalla per prendere un po’ di latte. Una volta arrivato, però, vide che di latte non ce n’era più. A quel punto, andò su tutte le furie e domandò a Mooh se sapesse chi fosse il ladro di latte. “Mucca Mooh! Chi ha rubato il mio latte?”
La MuccaMooh, pur conoscendo la risposta, disse: “Mooooooohhhhhh, non soooono stata io!”
Il fattore allora decise di fare la stessa domanda agli altri animali e così andò prima dal Maialino Grunf
e gli chiese: “Maialino Grunf! Chi ha pres oil mio bicchiere di latte?”
Il maialino però, troppo impegnato a fare delle capriole sul fango, disse: “Grunf, Grunf...Non lo so! Grunf!”
Allora, andò dalla Pecora Beehheeh per porle la stessa domanda alla quale, ancora un volta, ottenne la stessa identica risposta: “Beehheeheh, Nooonne hooo la piuuu paallida iiideeaaa, Behheeheh!”
A quel punto il contadino, pensando fosse un complotto di tutta la fattoria decise di rivolgere la domanda direttamente al suo amico fidato, Teddy.
Teddy era un cagnolino vivace, allegro, al quale piaceva giocare e pensare di essere il miglior cane da guardia del mondo. Quando Teddy si rese conto che il padrone stava proprio cercando lui, cercò di assumere l’espressione più seria di cui fosse capace.
“Teddy, amico mio!” disse il fattore certo di essere vicino alla sua risposta. “Hai per caso visto chi ha bevuto il mio latte?”
Teddy rispose: “Nou..Nou Nou. Non saprei!”
“Teddy, sei stato tu?”, disse il fattore insospettito da quelle goccioline penzolanti dai baffi del cagnolino.
“Nou, nou...Non sono stato io”, continuò imperterrito l’amico fidato.
Finché uno sguardo un po’ più severo da parte del fattore, fece capire a Teddy che era giunto il momento di dire la verità. “Mi Spiace Signor Contadino. Sono stato io a prendere il bicchiere di latte perché avevo troppa fame e sete!”, disse Teddy piegando le sue orecchie verso il basso.
A quel punto il fattore rispose: “Mio Caro Teddy, le cose degli altri non si prendono e non si toccano senza prima chiedere il loro permesso. Quando si desidera qualcosa, basta chiedere con gentilezza e “Per Favore”.  A queste parole, notando che Teddy era davvero dispiaciuto, il fattore disse: “Teddy, sai cosa facciamo? Sei stato coraggioso ad ammettere il tuo errore e, inoltre, sei stato bravo a chiedere scusa! Adesso, per fare pace, prendiamo un altro bicchiere di latte, un piatto pieno di squisiti biscotti alle mandorle e, insieme, andiamo a fare merenda sotto quell’albero di mele laggiù!”